È evidente che siamo tutti d’accordo quando le lacrime e il sangue sono degli altri, mentre cominciamo a strepitare quando sono nostri. La difficoltà di un’operazione di questo genere sta proprio nell’avere il coraggio di scontentare le categorie privilegiate, che hanno lucrato sul denaro pubblico per arricchirsi personalmente.
Il che può voler dire anche perdita di consenso elettorale. Ma il Governo e la maggioranza non devono essere timorosi, se in contrapposizione realizzano progetti di alto profilo sui quali gli astensionisti daranno il loro consenso.
Ormai la scelta è inequivocabile: scontentare i clientes, negando i favori privati o servire la collettività con un miglioramento sensibile di strutture e servizi pubblici.
Per ottenere questo risultato è indispensabile la riforma della Pubblica amministrazione, recependo immediatamente tutta la legislazione prodotta da Brunetta, in particolare, l’ultima versione del Cad (Codice dell’amministrazione digitale).
La chiave per realizzare le cose che precedono sta in una serie di procedure semplici e agevolate dalle burocrazie regionale e locali, che devono assistere con forte collaborazione tutte le imprese destinate alla realizzazione di opere. Il ceto politico deve intervenire con rigore e tempestività sui direttori generali dei dipartimenti quando questi non ottemperano al loro preciso obbligo di rilasciare le autorizzazioni in tempo reale, da contarsi in giorni e non più in mesi o anni.
L’azione della Pubblica amministrazione deve essere supportata dalla informatizzazione generale, in modo che i rapporti vengano gestiti esclusivamente per via telematica, cosicché ne resti traccia e si sconfigga l’estesa corruzione consistente nei favori di chi li chiede e di chi li concede: un comportamente incivile da colpire con l’esecrazione dell’opinione pubblica.
Lacrime e sangue sì, ma finalizzati all’obiettivo di fare crescere il Pil della Sicilia. Ora, non fra dieci anni. L’attuale classe dirigente siciliana dev’essere consapevole della propria responsabilità, in modo da non far ricadere le proprie colpe sulle successive generazioni.