Messina – Servizi sociali, quei milioni di euro “sciupati” attraverso l’Istituzione

MESSINA – Due avvisi di garanzia. Il primo per Elio Sauta, consigliere comunale del Pd, con le accuse ipotizzate di abuso d’ufficio e falso. Il secondo per Giovanni Calarco, funzionario del Comune di Messina, per calunnie. A legare i due nomi, l’Istituzione per i Servizi Sociali, l’ex carrozzone di Palazzo Zanca su cui dal 2007 la Procura indaga ininterrottamente.
Nonostante il colpo di spugna sull’azienda speciale operato dalla Giunta Buzzanca nel febbraio 2009, e il passaggio di ogni competenza all’assessorato ai Servizi Sociali, non si spengono i riflettori su uno dei massimi centri di stipendificio e clientelificio della città negli anni passati. E questo anche in virtù delle polemiche, degli scontri mediatici, delle accuse reciproche che in un periodo di transizione al vertice dell’azienda si sono trasmessi senza esclusione di colpi l’ex presidente Elio Sauta ed il suo successore, l’ex commissario Giovanni Calarco, nominato nel dicembre 2007 dal commissario regionale Gaspare Sinatra.
“La conduzione di Sauta è stata per nulla finalizzata all’interesse pubblico – aveva dichiarato Calarco senza fraintendimenti – se non chiaramente illegittima e in alcuni casi addirittura illecita. Il presidente ha spesso esautorato i componenti del Cda e il direttore generale intromettendosi in atti di gestione ordinaria, quali l’erogazione di contributi, avvalendosi di un gruppo di assistenti sociali compiacenti che forniva le relazioni non rispettando l’ordine cronologico delle domande in entrata”.
Tra i fatti contestati alla precedente dirigenza da Calarco, l’appalto di 2,340 milioni di euro per il Centro polifunzionale di San Filippo e le conseguenti assunzioni senza concorso pubblico, il conflitto di interessi di Sauta, all’epoca della presidenza dell’Istituzione anche rappresentante legale dell’ente di formazione Aram, e alcune sospette operazioni tra i due enti, la distruzione infine del sistema del welfare con la soppressione di servizi di pubblica utilità.
Da par suo, Sauta si è sempre difeso da ogni accusa, rispedendo al mittente tutte le illazioni e minacciando azioni legali. Ma adesso è costretto a dar conto del proprio operato anche alla Procura, nell’ambito dell’indagine condotta dal sostituto Adriana Sciglio. Così come Calarco. Nei documenti raccolti dagli ufficiali della Polizia Giudiziaria, tutte le verità sull’Istituzione. O almeno quelle che sono rimaste verificabili dopo lo strano furto dei computer e dei server dell’ente avvenuto all’inizio del 2008 in seguito alla nomina del Cda presieduto da Calarco.
 

 
Fuoco incrociato. Tra i due litiganti nessuno gode e i servizi affondano
 
Messina – “Abusando del ruolo di presidente dell’Istituzione, Sauta ha operato con coercizione nei confronti di alcune cooperative sociali per ottenere l’iscrizione del loro personale ai corsi tenuti dall’Aram”. Così Calarco ai tempi della polemica, quando presiedeva l’Istituzione e sputava fuoco contro Sauta: “Ha acquisito o fatto acquisire dal direttore dell’Istituzione forniture di materiale presso ditte già fornitrici dell’Aram”.
“Presenterò una controrelazione”, fu allora la replica di Sauta, “e mi riservo di adire le vie legali in relazione alla circostanza in cui, secondo Calarco, avrei costretto i dipendenti dell’ente che presiedevo ad iscriversi all’Aram, ente del quale sono tuttora presidente”. Tra i due litiganti, nessuno gode, soprattutto i cittadini, penalizzati da servizi sempre più ridotti. “L’anno scorso abbiamo fatto un grande passo con lo scioglimento dell’Istituzione per i servizi sociali – ci aveva detto qualche settimana fa l’ass. Aliberti – Ora bisogna rendere il dipartimento efficiente ed eliminare ogni residuo di disorganizzazione, con interventi strutturali”.