Decidere di andare in India non è come dirlo. Questa terra piena di contrasti dovute alle innumerevoli religioni,alle differenze sociali, all’enorme gap tra ricchezza e povertà richiede da parte nostra una preparazione psicologica e culturale profonda.
L’India non è per tutti e solo chi ne sente il richiamo saprà apprezzarla e capirla veramente.
Valigia leggera alla mano, una sacca vuota da riempire di mille souvenir, qualche medicina per l’emergenze e saremo pronti a partire.
Prima tappa Delhi, già capitale dal 1911, edificata e progettata dall’architetto Edwin Lutyens in stile neoclassico con rimandi all’architettura rajput del vicino Rajastan, si presenta a noi come una metropoli piena di contraddizioni, dove il verde dei viali,i maestosi palazzi imperiali e di governo, le piazze, i giardini le lussuosissime gioiellerie si mischiano a decadenti quartieri operai, agli slums abbandonati, alle visioni di mendicanti in cerca di qualche spicciolo, alle mucche randagie, tutto ciò farà sì che non riusciremo a definirla con un aggettivo, perché sarebbe come ingabbiarla.
Il Gate of India ci darà il benvenuto come l’Arc de Triomphe lo fa con Parigi, alle sue spalle sulla collina il Palazzo Imperiale, protetto ai lati dagli edifici governativi, sarà una grande visione.
Seconda meta il Forte Rosso o forte del buon auspicio, costruito in arenaria rossa, pietra tipica della zona, realizzato tra il 1639 e il 1650 dall’ imperatore Moghul Shah Jahan, considerato una delle costruzioni più imponenti dell’India dal suo interno ci permetterà di ammirare in lontananza la Jama Masjid ovvero la grande moschea del venerdì.
Grande emozione tuffarsi all’interno della old Delhi, in sella ad un tuk tuk (risciò a motore), sarà come entrare nel caos più totale, avvolti dal suono dei clacson ci sentiremo dentro a un labirinto fatto di vie, circondati da carri trainati da uomini e buoi, mendicanti, bambini, vacche, botteghe, ristoranti, spazzatura, un misto tra medioevo e modernità, dove i bazar ricolmi di preziosi tessuti, monili d’argento, tappeti e spezie, ci faranno perdere la cognizione del tempo. Meravigliosa esperienza!
Di nuovo in macchina ci dirigiamo al Raj Ghat, togliamo le scarpe in senso di rispetto e ci fermiamo davanti al memoriale sito dove è stato cremato Mahatma Gandhi.
“He Ram!” le sue ultime parole, “Oh Dio”. Sentiremo ancora la sua voce che ci sussurrerà i consigli al suo popolo:
“L’odio per lo straniero nasce dalla paura.
Se scompare la paura, non può esistere più neanche l’odio.
Così la conversione dello straniero implica la nostra.
Se cessiamo di essere inferiori,
egli cesserà di essere superiore.
( M. Gandhi)
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