PALERMO – L’ondata di disoccupati, licenziamenti e chiusure di imprese in Sicilia sta arrivando in questo primo scorcio di 2010 con prepotenza.
Se n’è resa conto la stessa Regione che deve fare i conti con un sistema oramai alle soglie del collasso. Ed oggi i termini non lasciano affatto spazio al benché minimo spiraglio di ottimismo. Anzitutto perché si è ampiamente al di fuori del 2009, anno segnato dal culmine della grande crisi: questo significa che bisogna prepararsi a garantire più investimenti e per la Regione, in questo difficile momento finanziario, non è affatto facile.
L’assessore regionale al Lavoro, Lino Leanza, dà uno spaccato abbastanza reale dell’attuale momento del mercato occupazionale siciliano: “Nel primo trimestre di quest’anno – dice – abbiamo già speso per finanziare la Cassa integrazione quanto già stanziato per l’intero anno scorso”. In termini più concreti nel 2009 erano stati spesi dalla Regione circa 61 milioni per finanziare la cassa integrazione in deroga a circa 310 aziende siciliane per 4 mila e 500 persone. “Abbiamo previsto che da qui a fine anno – aggiunge Leanza – saranno spesi per questa misura straordinaria qualcosa come 150 milioni di euro. Per fortuna che noi mettiamo solo il 30 per cento e il resto li mette il ministero, altrimenti non potremmo finanziare altro”.
E sin qui si è parlato in pratica solo di assistenzialismo. Ma come ogni buon padre di famiglia si deve soprattutto pensare non solo a tamponare il presente ma anche a progettare un futuro migliore. La Regione proprio per questo punta moltissimo al credito d’imposta, la cui misura sarà approvata all’interno della finanziaria. Il sistema che sta adottando il governo siciliano oggi è quello di agevolare per creare delle basi solide nell’immediato futuro. In sostanza il credito d’imposta sarà basato sul principio di bonus economici che saranno stanziati dalla Regione alle imprese per chi assume a tempo indeterminato: 333 euro al mese per ogni nuovo posto, anche part time purché a tempo indeterminato. Già in bilancio sono stati appostati 30 milioni di euro ma Leanza assicura che altri fondi presto saranno sganciati. Sono inoltre pronti 20 milioni per concedere 3 anni di sconti contributivi totali per chi assume a tempo indeterminato o stabilizza precari. Misure sommabili fra loro per abbattere il costo del lavoro.
Altro punto sul quale sta lavorando il governo siciliano è quello di attivare nuovi sportelli multifunzionali, costati 70 milioni di fondi Fas, con cui si vuole aiutare chi cerca lavoro o chi è appena uscito dalla scuola e vuole entrare nel mercato. Su quest’ultimo punto restano molti dubbi, dal momento che l’attuale sistema degli Sportelli (in vita già da un decennio) non è che abbia portato a risultati soddisfacenti. Mentre infatti la disoccupazione è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni, di contro gli Sportelli comportano ad oggi una spesa annua di una sessantina di milioni di euro. In una Sicilia affamata di lavoro forse più che l’orientamento servirebbero vere e proprie opportunità di lavoro.
Cgil-Istat. Disoccupazione: una guerra di cifre
PALERMO – L’Istat parla di una Sicilia che conta il 13 per cento di disoccupati, la Cgil invece ne ha contati il doppio. La Camera del Lavoro dunque non considera assolutamente attendibili i dati che provengono all’ufficio di statistica. Secondo le stime della Cgil, il potere d’acquisto di salari e pensioni in Sicilia registra un 30 per cento in meno rispetto alla media nazionale e il 48 per cento delle famiglie siciliane vive in una condizione di povertà relativa. “In Sicilia – ha rinfocolato il segretario generale della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava – ci sono tutte le condizioni per mettere in campo una proposta unitaria a cominciare dal bilancio della Regione, per orientarlo sulle priorità”. Ma al di là della guerra di cifre resta di fondo il problema di una Sicilia che partiva già da grandi condizioni di svantaggio economico e occupazionale, il tutto aggravato da questa crisi che sembra non avrà termine con il 2010. Ecco perché a questo punto sarebbe importante la programmazione e l’investimento anziché il mero assistenzialismo. Le prospettive restano comunque, oggi come oggi, a tinte notevolmente fosche.