L’edilizia sostenibile non è una chimera giunto il momento di metterla in pratica

Il dibattito sulla questione ambientale, nato tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso con la formazione delle prime Associazioni ambientaliste, ebbe come nodo centrale il rapporto tra economia e ambiente, nella sempre più evidente necessità di preservare la qualità del patrimonio naturale e nella consapevolezza che, essendo le risorse del pianeta tendenzialmente esauribili, dovessero essere rivisti ed equilibrati i modelli di sviluppo. Per sviluppo sostenibile si intende, perciò, la crescita economica di un territorio partendo dall’uso razionale delle sue risorse.
Il concetto informatore di questo modello di sviluppo, ripropone una visione del mondo nella quale il fine ultimo è rappresentato dal raggiungimento di una migliore qualità della vita, dalla diffusione di una prosperità crescente ed equa, dal conseguimento di un livello ambientale non dannoso per l’uomo e per le altre specie viventi. Nascono proprio in quegli anni i presupposti dell’economia ecologica e dell’economia ambientale, come nuovo campo di studi ove rileggere e valutare le interrelazioni tra ambiente ed economia.
L’economia ambientale avvia, più specificamente, l’approfondimento di alcune tematiche di particolare rilievo nella definizione e nella comprensione delle relazioni tra salvaguardia ambientale, perseguimento dell’efficienza economica e fallimenti di mercato. Si comprende da qui la necessità di una educazione all’ambiente, principio su cui si è man mano costruito il quadro normativo comunitario.
Il 24 settembre del 1998, la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio della Comunità Europea relativo al programma d’azione dello sviluppo sostenibile “Verso la sostenibilità” sancisce il ruolo fondamentale dell’informazione, dell’educazione e della formazione per stimolare i comportamenti eco-compatibili. Un concetto che era già stato riconosciuto dall’Unione Europea in un rapporto del 1997, il “Libro verde sulla convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell’informatica e le implicazioni per la regolamentazione”, che riconosce nella Rete un formidabile strumento di diffusione dei valori dell’educazione ambientale.
Con la Conferenza ministeriale sull’ambiente di Sofia, nel 1995, si illustrano la Direttiva sulla Libertà di Accesso all’Informazione ambientale, adottata dall’Unione nel 1990 e le Linee guida sull’accesso alla informazione ambientale e sulla partecipazione pubblica alla presa di decisioni in campo ambientale. Questo processo si innesta su una serie concomitante di indicazioni provenienti dall’Unesco e dalla Commissione Onu per lo Sviluppo Sostenibile (CSD).
Molto più recente, l’introduzione di Agenda 21 locale, attraverso cui la programmazione avvia un processo collaborativo con le autorità locali e con la società civile per redigere ed attuare piani di azione per la realizzazione della sostenibilità del territorio. In Sicilia, l’unica esperienza in tal senso è costituita da Ustica. Il Pit Nebrodi è invece basato su criteri di Agenda 21 locale.