Sicilia in caduta senza le partite Iva

Sono 8,8 milioni le partite Iva del nostro Paese: più 177 mila nel 2009. Di esse 6,5 milioni sono in piena attività, il resto nel limbo. I lavoratori autonomi lavorano mediamente 10 ore in più a settimana dei dipendenti, non hanno garanzie, salvo la previdenza, devono cercare il fatturato ogni giorno e correre i rischi insiti a un lavoro autonomo. Però, oltre la metà di essi, soprattutto microimprenditori, non intende cambiare il proprio lavoro.
Il 10% all’incirca delle partite Iva attive sono in Sicilia, ma la verità è che i microimprenditori siciliani non sviluppano i loro affari come i loro colleghi di Lombardia o Emilia. Inoltre, in Sicilia, la diffusa mentalità del posto fisso (e non di un lavoro produttivo), inserisce nei giovani l’indirizzo contrario a quello del merito. Infatti, non vi è dubbio che l’attività autonoma è fondata su capacità e competenze, mentre altrettanto non può dirsi per l’attività da dipendente, nel settore pubblico.

Il popolo delle partite Iva non ha una vera rappresentanza politica, né una propria lobby, né una propria voce, per cui non riesce a pesare sulle decisioni del potere esecutivo e legislativo.
Questa carenza è ancor più accentuata in Sicilia ove gli ordini professionali e le organizzazioni imprenditoriali non svolgono quell’attività propulsiva necessaria al potenziamento dei titolari di partite Iva.
Quando sentiamo lamentele del lavoro che non c’è, ci indignamo, perché viene affermata una  menzogna. Il lavoro in Sicilia c’è, lo ripetiamo, per le persone competenti, dotate di professionalità. C’è nel settore privato e c’è nel lavoro autonomo. Chi, dei pazienti lettori, voglia trovare informazioni adeguate basta che entri sul sito www.quotidianodisicilia.it e acceda all’archivio elettronico, dal 1979 ad oggi: troverà trecento  offerte di lavoro produttivo e cinquecento di franchising, con tutti i siti ai quali, ogni siciliano che volesse intraprendere una attività autonoma, si potrebbe rivolgere per avere le informazioni.

Sorprende (ma non tanto) che il ceto politico positivo non spenda una sufficiente dose di comunicazione per far capire questi concetti reali e, quindi, non contrasti il ceto politico cattivo che ha interesse alla lamentazione e a diffondere la bugia, cioè che non c’è lavoro in Sicilia. Abbiamo più volte sfidato i precari di tutti i tipi ad inviarci 10 domande di lavoro, dipendente o autonomo, impegnandoci a soddisfarle qualora i richiedenti siano professionali. Dopo mesi e mesi non abbiamo ricevuto una sola richiesta. Ogni commento è superfluo.
Informarsi nel sito di Assofranchising.it significa acquisire migliaia di catene che vogliono aprire i punti vendita anche in Sicilia. Inserirsi nei singoli siti di tali catene significa avere tutte le informazioni per iniziare una microattività in franchising. Peraltro, non occorre una grande somma per l’impianto. Somma che comunque può essere finanziata da un istituto bancario. Dunque ci sono le condizioni per sviluppare il lavoro autonomo.

Che manca? Manca la funzione primaria di quegli assessorati regionali che hanno il compito di promuovere le attività e non programmare spese e sprechi ai clientes, né indennità ai precari, privilegiati e raccomandati.
Come? Facendo un programma nel quale sono previste garanzie per le banche disposte a finanziare l’apertura di punti franchising. Un finanziamento agli interessi, un finanziamento ai costi di formazione, che ciascun richiedente potrebbe fare presso la società madre, e un piano di comunicazione  su quotidiani e tv regionali, in modo da educare la gente a capire l’importanza del lavoro autonomo.
Quanto precede rientra sotto il filone generale che cammina con le gambe dei valori di responsabilità e di merito, abbattendo con una scure favori e raccomandazioni. Tutti hanno il diritto al lavoro, ma, pur sapendo che scuole e Università non danno alcuna preparazione professionale, hanno il dovere di prepararsi e acquisire le conoscenze indispensabili per collocarsi nel mondo del lavoro. Che c’è.