La legge n. 222 del 1985 ha istituito la destinazione dell’8 per mille dei redditi delle persone fisiche alle Chiese. Ma l’art. 47 prevede anche che i cittadini possano destinare tale percentuale allo Stato. Nella legge è previsto un meccanismo strano secondo cui le somme non assegnate si ripartiscono in proporzione a quelle assegnate. Per cui, ponendo il caso che la Chiesa valdese abbia ricevuto il 4 per cento dell’intero ammontare, percepirà anche il 4 per cento delle somme non assegnate. Va da se, per conseguenza, che la Chiesa cattolica, che fa la parte del leone con più dell’80 per cento, percepirà l’equivalente delle somme non assegnate. Data la contingenza, per la quale il bilancio dello Stato è in grande sofferenza, sarebbe opportuno che gli organi di stampa facessero una grande campagna per informare ancora i contribuenti sull’opportunità di destinare l’8 per mille allo Stato e non alle Chiese. Oppure, in subordine, il Governo dovrebbe fare la norma di un articolo con la quale indicherebbe l’attribuzione allo Stato delle somme non assegnate. Ambedue le modifiche avrebbero carattere straordinario e con precisa destinazione dei fondi per la ricostruzione dell’Abruzzo.
Nel 2008, la Chiesa cattolica ha incassato 1,002 miliardi di euro, ma i soldi arrivano anche da chi non ha espresso alcuna preferenza. La nostra ipotesi di lavoro non è contro qualcuno (le Chiese) ma per qualcuno (l’Abruzzo) e consiste non nel togliere ma nel trasferire le somme non destinate, alla regione martoriata dal terremoto. Siamo convinti che se fosse resa nota la possibilità prima illustrata, cioè destinare le risorse allo Stato in caso di calamità, i tantissimi laici e molti cattolici opterebbero volentieri per questa soluzione. Sappiamo che questa possibilità ci farà attirare critiche e antipatie, ma dobbiamo ricordare a tutti che l’intrinseco valore degli insegnamenti religiosi trova fonte non tanto nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, quanto nei valori morali dell’umanità a partire da mille anni prima che nascesse il Salvatore.
Dunque, è giusto rispettare la fede di chi crede nella Bibbia, ma è anche giusto rispettare la libertà di chi non vi crede. Uno Stato laico come il nostro, che riconosce la libertà di professare qualunque religione (dall’islamismo, all’induismo, al cristianesimo, all’ebraismo), deve impedire di mettere i paraocchi lasciando la liberà a tutti gli altri cittadini non religiosi di pensarla in modo diverso.
In Abruzzo, il Governo sta facendo un grosso sforzo, stanziando somme per la ricostruzione o la riparazione integrale di tutti gli immobili. Questo accade per l’imprevidenza di tutti i Governi di questi sessant’anni, che non hanno varato una legge sull’assicurazione obbligatoria degli immobili contro gli eventi naturali.
Un comportamento illuminato e volto al futuro dovrebbe subito occuparsi di varare tale assicurazione obbligatoria per gli immobili, perché con cifre compatibili con i bilanci dei proprietari si darebbe sicurezza ai risarcimenti. Naturalmente, le compagnie potrebbero riassicurarsi, mentre lo Stato potrebbe intervenire per percentuali residue.
In Abruzzo, arriveranno tanti soldi come sono arrivati in Friuli nel 1976. Nella Regione del Nord-Est le risorse sono state spese bene e le attività sono rinate più forti di prima. Ci auguriamo che lo stesso accada nella regione marsicana, ove c’è gente di forte tempra ma anche ove è presente un filo di comportamento meridionalistico che potrebbe essere tentato di mescolare le carte facendo gonfiare i costi.
La Protezione civile, sotto la direzione di Guido Bertolaso, ha agito con molta efficienza nel momento dei soccorsi. Ad essa dovrebbe essere affidata la gestione della ricostruzione con la collaborazione dei prefetti. È giusto che i cittadini danneggiati dal sisma ritornino rapidamente alla normalità, ma è anche giusto che il denaro dei contribuenti non vada a riempire le tasche dei corrotti. Sono tali infatti coloro che approfittano di una calamità per arricchirsi.