I risultati positivi che abbiamo elencato sono stati raggiunti dall’Inps perché ha adottato un piano industriale che prevede un’organizzazione efficiente e l’informatizzazione dei servizi. Il che ha permesso di avere un numero di dipendenti pari circa alla metà di quello dell’analogo ente previdenziale tedesco. Certo, vi sono ritardi nella liquidazione di nuove pensioni, ma sono contenuti in qualche mese e non più in anni come una volta.
L’organizzazione e l’efficienza si sentono quasi palpabili in tutti gli uffici centrali e periferici anche se è indispensabile un aggiornamento dei software ed una sostituzione di hardware con altri piu moderni. Tutte operazioni che costano cifre rilevanti, ma che nel tempo comportano ulteriori risparmi sia di numero di dipendenti che di spese generali.
L’Inps è l’altra faccia della pubblica amministrazione, quella che funziona. Altrettanto possiamo dire dell’Ente che assicura i lavoratori per o dagli infortuni (l’Inail), Istituto che presenta anch’esso un forte attivo.
Non stiamo facendo uno spot all’Inps, ma è dovere del cronista riportare un fatto positivo quando c’è, soprattutto nel mare di fatti negativi che riguardano la pubblica amministrazione.
Vorremmo che ministeri, assessorati regionali, dipartimenti degli enti locali e di enti non territoriali si attrezzassero con il loro piano industriale come quello dell’Inps e gestissero la produzione e la somministrazione dei servizi con la stessa efficienza, così da massimizzare le imposte che in modo così pesante gravano sui cittadini. Gli stessi pagherebbero più volentieri i loro contributi sol che vedessero un ritorno di servizi efficienti e tempestivi.
La questione è tutta qui. Le riforme auspicate, che però non arrivano, dovrebbero portare questo indispensabile risultato: ad ogni euro di imposta pagata corrisponde un’unità di servizio pubblico efficiente e proporzionato. Di questo ne dovrebbero rispondere i dirigenti pubblici, secondi i principi di merito e di responsabilità.