La Finanziaria nazionale 2011- 2012 chiede sacrifici di facciata perchè riduce la spesa pubblica di appena 12 miliardi, ammesso che essa arrivi alla fine del percorso parlamentare senza retromarce annunciate.
Secondo la Relazione unificata Economia e Finanza pubblica 2010, quest’anno le spese preventivate sono 734 miliardi, cui vanno aggiunti interessi sul debito pubblico per 71 miliardi per un totale spese finali di 805 miliardi. Le entrate previste sono 728 miliardi, con una pressione fiscale del 42,8% per cui vi è un saldo negativo di 78 miliardi, pari al 5 per cento del Pil nominale di 1.554 miliardi, che deve essere finanziato. Come? Mediante l’emissione di ulteriori titoli di Stato che aggraveranno il fardello di 1.797 miliardi (Bankitalia marzo 2010).
Scusate l’elencazione delle cifre, ma esse rappresentano la spiegazione in estrema sintesi della pochezza della manovra. Il dato generale che si rileva riguarda il rinvio di spese, non la loro abolizione, mentre da tutte le parti politiche ed economiche si invocano tagli strutturali, cioè definitivi.
Se la manovra andrà in porto avrà ridotto le spese di appena l’1,6%, mentre bisognerebbe tagliare almeno il 10% per compensare gli interessi e non avere ulteriore disavanzo annuale, che si somma alla montagna di debito pubblico.
La spesa per beni di consumo di tutte le pubbliche amministrazioni viaggia sui 40 miliardi. Essa potrebbe essere tranquillamente dimezzata, qualora gli acquisti fossero centralizzati in ogni capoluogo di Regione, togliendo la manna alle centrali romane. I trasferimenti alle aziende pubbliche di trasporto, ferrovie comprese, sono oltre 22 miliardi. Di essi le Ferrovie dello Stato Spa percepiscono 6 o 7 miliardi l’anno. La società fondata da Montezemolo e soci (Ntv) non prenderà un euro di contributi, investe 1 miliardo e assume 1.300 persone.
Così dovrebbe fare la Pubblica amministrazione e non continuare a dilatare la spesa per favorire un ceto politico dissennato che basa il consenso sullo scambio fra voto e favore. Vi sono altri contributi a imprese a fondo perduto, che le uccidono. Bisognerebbe trasformarle in credito d’imposta. Successivamente faremo altri esempi.