“Divario col Nord la Sicilia non ha colpe”

PALERMO – La facoltà di Economia dell’Università di Palermo e il Comitato per “l’Appello dei Mille” hanno promosso ieri un convegno sulla storia economica della Sicilia dal 1860 ai nostri giorni.
Ai lavori erano presenti Salvatore Placenti, presidente del Comitato, Pietro Busetta e il capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici. L’incontro si è svolto in maniera del tutto informale e si è tenuto nell’aula Magna della stessa Facoltà, in viale delle Scienze a Palermo.
Il Comitato per l’Appello dei Mille comprende personalità di diversa estrazione culturale, politica e professionale che condividono la necessità di una “rilettura attenta del Risorgimento e degli esiti unitari per come si realizzarono e si andarono consolidando dal Nord al Sud, con le luci e le ombre che l’accompagnarono e le tante, a volte tragiche, contraddizioni che li connotarono”.
Pietro Busetta ha voluto sottolineare come il divario del Pil tra nord e Sud sia aumentato progressivamente con il passare degli anni, partendo dalla unificazione dell’Italia.
“Ma le responsabilità non si possono addebitare al Sud, come si vuol far credere – ha detto Busetta – penso piuttosto che la Sicilia sia stata utilizzata come un territorio colonializzato, depredandola di tutte le ricchezza e sfruttando uomini e risorse”.
Busetta ha anche fatto il confronto tra l’italia e gli Stati Uniti, spiegando come dopo la guerra tra nordisti e sudisti, gli Stati a sud degli Usa pagarono perché avevano perso contro gli avversari del Nord, ma a poco a poco quegli Stati sono stati per così dire “risarciti” ed oggi sono zone che producono lavoro e benessere. Basti pensare al Texas o alla Florida.
“Tutto questo in Italia non è avvenuto e continua a non accadere – ha detto Salvatore Placenti – e oltretutto la nostra nazione si trova ad affrontare una crisi economica mondiale, per il superamento della quale serve unità di intenti, senza considerare regioni d’Italia di serie A ed altre di serie B”.
Il Comitato l’Appello dei Mille si vuole muovere in questo senso: coinvolgere quante più categorie possibili della società, dagli imprenditori ai politici al semplice cittadino, per far sentire la propria voce a Roma, anche attraverso l’unione di più regioni del Mezzogiorno (anche con  il Partito del Sud) e riequilibrare una situazione politica che si è spostata inevitabilmente a favore del Nord, con la crescita dei consensi nei confronti della Lega.
Ma quali sono i prossimi passi del Comitato? L’irrisolta questione meridionale, estromessa colpevolmente dal dibattito politico e culturale della nazione, ora subentra con forza.
Il sostanziale fallimento della politica di partenariato, sancito dalla conferenza di Barcellona del 1995, rappresenta un monito per valorizzare le autonomie locali.
È necessario secondo i rappresentanti del Comitato, sfatare i luoghi comuni che vedono il Sud come una piaga a carico delle altre regioni più ricche, ed è necessario rileggere la storia, rilanciando l’autonomia siciliana, chiedendo il rispetto dello Statuto.