Quanto precede non è una provocazione, ma una precisa opportunità che può essere utilizzata da qualcuno che ne faccia richiesta, sapendo che essa sarà accolta.
Ciò, nonostante l’Aran abbia dichiarato che negli ultimi dieci anni le retribuzioni dei dipendenti pubblici siano aumentate del 39%, mentre quelle dei privati solo del 25. Dal che ne consegue che non solo nella Pa si lavora di meno e senza alcuna responsabilità, ma si guadagna di più. Il che rende ancora più appetibile il posto pubblico mentre esso dovrebbe essere scoraggiato.
Non è dei nostri giorni la proposta prima indicata, lo sappiamo benissimo. Perchè possa avere una qualche attuazione bisognerebbe che il ceto politico ritirasse le mani dalla marmellata della raccomandazione e rinunziasse ai galoppini che poi gli serviranno nelle prossime campagne elettorali.
Non è di questa classe politica il grande progetto di sviluppo e la raccolta del consenso sull’interesse generale, bensì sullo scambio fra voto e favore: il peggio di una democrazia malata.
Ribadiamo ancora che la linea editoriale del QdS non è quella di privatizzare i servizi pubblici, ma di renderli efficienti. La chiave per poterlo fare è inserire l’organizzazione con tutti i suoi addentellati, nonchè i valori di merito e responsabilità, per consentire a tutti di partecipare in modo leale e trasparente ed evitare lo svolgimento di gare truccate come quelle che oggi avvengono nel settore pubblico, senza alcun pudore.
Invece, è proprio necessario il pudore per sovvertire questo andazzo negativo e consentire alla Sicilia di ricominciare daccapo sulla base del proprio Statuto, da attuare completamente con piena coscienza e in base a valori etici.
Il disegno di legge sulla trasparenza, presentato dall’assessore Caterina Chinnici è un buon inizio. Ma auspichiamo la sua conclusione con l’inserimento di effettive penalità a carico di sindaci e dirigenti inadempienti, soprattutto su due versanti: l’informatizzazione completa di tutte le strutture e l’osservnza totale di tutte le leggi, comprese quelle sulla comunicazione. Non più leggi ordinatorie, ma perentorie. Chi vuol capire, capisca. Non c’è più tempo per cincischiare. è ora dei fatti e non delle parole.