Calo dei reati in Sicilia. “Sicurezza garantita”

Attraverso le caserme avete una visione capillare del territorio. Qual è la situazione in Sicilia dal punto di vista della sicurezza?
“In Sicilia abbiamo oltre 400 Comandi. Complessivamente vedo una situazione che tendenzialmente va migliorando, anche con interessanti punte di riduzione dei reati che ci vengono denunciati. Cito i dati dell’ultimo anno di cui ho parlato alla festa dell’Arma del 7 giugno scorso: per quanto riguarda i reati predatori abbiamo registrato un calo sensibile intorno al 10 per cento. Tra l’altro, la Sicilia non ha un enorme problema di piccola criminalità, considerato il numero di abitanti. Visti i reati minori, soprattutto per l’azione di contrasto e repressiva che abbiamo svolto, non abbiamo fenomeni maggiori rispetto al passato. Per quanto riguarda l’ordine pubblico, la Sicilia non è una di quelle regioni che vive grandi problemi di questo genere.
In base a questi dati ora ci dovremmo chiedere quanto di questo miglioramento sia dovuto all’impegno dei Carabinieri e quanto al cambio della società. Bisogna vedere anche quanto la crisi economica influirà sulla Sicilia, perché credo che finora non l’abbia colpita moltissimo, essendo una regione con un’economia in gran parte assistita e non di mercato. La realtà non è drammatica, ma ci sono nodi che stanno venendo al pettine, come la situazione di Termini Imerese, i problemi legati alla raccolta dei rifiuti. Tuttavia, dall’Osservatorio del comandante della Legione che ogni mattina riceve la situazione di tutti i reparti, non registro finora grandissimi problemi, né di sicurezza, né di ordine pubblico in generale”.
Quanto ha influito l’azione preventiva dei Carabinieri sul calo dei reati?
“C’è stata una buona azione preventiva, combinata con quella repressiva, che ha determinato una situazione di generale miglioramento. Da giugno 2009 ad oggi per l’azione preventiva abbiamo messo in strada, con tutti i Comandi, oltre 300 mila servizi. Anche l’azione repressiva è stata adeguata. Complessivamente abbiamo avuto oltre 7 mila arresti in media con quelli nazionali, anche se il nostro dato ha registrato un leggero incremento. Aggiungo che dei 7 mila arresti, 240 sono per mafia ed anche di un certo spessore. Comunque è difficile interpretare il dato dell’arresto per mafia perché molti di questi avvengono dopo lunghe indagini, momenti in cui ci confrontiamo con la magistratura.
Abbiamo avuto 240 arresti e non è detto che l’anno prossimo ne avremo altrettanti, ma è anche vero che ne potremmo avere di più, perché non è un dato costante, bensì riferito alla chiusura delle indagini e alla concessione o meno, da parte della magistratura, dell’ordinanza di custodia. Si tratta comunque di un’azione continua nel tempo con uno scenario operativamente interessante; vedo qualche grande opportunità già dai prossimi mesi fino alla fine dell’anno. Se poi questi dati li vogliamo mettere in relazione a quelli delle altre forze di polizia con il coordinamento, sia come azione preventiva che repressiva, posso dire che c’è uno sforzo comune molto forte”.
Alcuni organi di informazione dicono che i successi di questi ultimi tempi delle forze di polizia derivano da una stretta del ministero dell’Interno. Qual è il suo di giudizio?
“I Carabinieri dipendono dal ministero della Difesa, ma per quanto riguarda le attività di polizia, sotto quello che in termini militari si definisce “controllo tattico”, dipendono dal ministro dell’Interno secondo una direttiva europea. Sicuramente da questo punto di vista c’è un’attenzione importante verso il coordinamento delle forze di polizia. Un coordinamento che ormai è maturo tra tutti gli operatori. Sappiamo che c’è, dove lo dobbiamo gestire e come e siamo tutti convinti che è la chiave di volta. Ci siamo resi conto che ognuno deve fare il suo e tutti insieme dobbiamo fare sicurezza, evitando sprechi e duplicazioni. Più che una stretta, direi che c’è una linea che ci consente di lavorare bene. Le risorse arrivano, nonostante qualche problema”.
 

 
Crisi economica e lotta alla mafia spingono la socità civile a ribellarsi contro il racket
 
Sta crescendo anche l’attenzione da parte della società civile?
“La società civile è più attenta. è consapevole che bisogna parlare del racket a tutti i livelli. Anche in questo caso sono convinto che si tratta di un percorso irreversibile. La gente sa che bisogna cominciare liberamente a scaricarsi di questo retaggio culturale che va abbandonato e basta. Non c’è alcuna ragione per la quale si deve sottostare al racket”. 
Anche la crisi economica sta giocano un ruolo fondamentale nella ribellione al pizzo.
“Sicuramente, quando non ci sono i soldi neanche per mandare avanti la propria attività, nessuno si può permettere di regalare risorse a qualcun altro. Le risposte stanno arrivando ma dobbiamo ricordare che ci sono anche centinaia di anni di storia negativa da cui bisogna scrostarsi. Il cammino, anche se lentamente, sta avvenendo. Mi sono fatto questa idea confrontandomi anche con i colleghi”.
 
La risposta della società e dei commercianti deriva anche dai colpi inferti alla mafia.
“Sono colpi importanti, se consideriamo il tipo di criminalità mafiosa che in Sicilia ha una sua struttura di  comando. Cominciare a colpire al vertice, alla base, al centro, ha portato dei risultati e la gente ha apprezzato. La struttura si può riorganizzare, ma non avviene dal giorno alla notte. è altrettanto vero che è impossibile sradicare il crimine, ma dal momento che nella lotta alla mafia c’è un’azione martellante, anche con la confisca dei beni, sono convinto che alla fine avremo ancora grandi risultati”.