Stop alle trivellazioni selvagge

ROMA – “È stato finalmente colmato un vuoto normativo a difesa dei nostri mari e del nostro patrimonio, soprattutto dopo i disagi e le preoccupazioni create dall’incidente nel Golfo del Messico”.
È il commento del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, nell’annunciare l’approvazione del decreto di riforma del Codice ambientale che pone nuovi limiti alle trivellazioni in mare. Sulle nuove disposizioni il Ministro ha voluto precisare che tutte le attività saranno sottoposte anche a vincoli ambientali e che quelle di ricerca ed estrazione del petrolio saranno vietate per una fascia di mare di cinque miglia lungo la costa.
Il decreto di riforma del Codice ambientale, è stato approvato dal Consiglio dei ministri, dopo le indicazioni espresse proprio dal ministro Prestigiacomo. Vediamo nel dettaglio cosa prevedono le nuove disposizioni.
“è introdotto – spiega una nota del Ministero – il divieto assoluto di ricerca, prospezione e estrazione di idrocarburi all’intero delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro eterno delle zone di mare e di costa protette. Inoltre, le attività di ricerca ed estrazione di petrolio sono vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l’intero perimetro costiero nazionale”.
Come annunciato dal ministro, dunque, al di fuori di queste aree in cui vige il divieto, le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi saranno tutte sottoposte alla Valutazione di impatto ambientale (Via).
“Abbiamo inserito – afferma il ministro Prestigiacomo – norme chiare a difesa del nostro mare e dei nostri gioielli naturalistici, colmando un vuoto legislativo che nel recente passato ha suscitato timori nelle comunità locali di zone che attorno alle riserve marine stanno costruendo un modello di sviluppo basato sulla valorizzazione dei beni ambientali”.
Riferimento, ad esempio, alle comunità siciliane della costa meridionale dell’Isola, allarmate dal rilascio di nuove concessioni per la ricerca di greggio nel Canale di Sicilia, che andrebbero a compromettere l’ecosistema ambientale di un tratto di mare protetto, come quello delle isole Egadi e delle isole Pelagie.
Il ministro Prestigiacomo, però, ha assicurato che l’impegno del Governo a difesa delle proprie ricchezze naturali sarà pieno e lo sviluppo delle attività produttive è sostenuto da regole chiare che pongono in primo piano la tutela ambientale.
Sulle nuove norme previste dal Codice ambientale si è espresso il Wwf per evidenziare che i limiti imposti alle trivellazioni nei mari italiani sono certamente un “fatto positivo”, ma il problema in caso di incidente in mare non si risolve. L’opinione è stata espressa dal consigliere del Wwf Italia, Dante Caserta, che ha detto: “Aspettiamo di vedere applicate queste norme. Il problema però rimane perché, se ci fosse un incidente, non basterebbero le 5 miglia per salvare la situazione. Quindi servono sistemi di sicurezza”.
Le nuove norme, secondo il Wwf, costituiscono un elemento di attenzione ma resta la preoccupazione sull’uso del petrolio soprattutto a mare dove i problemi, in caso di incidente, sono molto più ampi e difficili da gestire.
 


Nel Canale di Sicilia concessioni ancora a rischio
 
ROMA – Le nuove norme sul divieto di trivellazioni rappresentano un segnale positivo ma il ministero dell’Ambiente dovrebbe chiarire se si applicano anche alle autorizzazioni già concesse. Sono, infatti, oltre 66 le concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi e sono in vigore ben 24 permessi di esplorazione offshore, come comunicato dalla responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia, Giorgia Monti. Tra queste sono comprese anche quelle del Canale di Sicilia su cui, di recente, si sono alimentate le polemiche riguardo a concessione di esplorazioni che sarebbero ricadute all’interno dell’area marina protetta delle isole Egadi. La sicurezza del mare siciliano, dunque, potrebbe non essere ancora pienamente tutelata. Anche per questo, Greenpeace, auspica un’apertura del Governo verso forme di energia rinnovabile. “Purtroppo – ha aggiunto Giorgi Monti – non possiamo ancora dormire sonni tranquilli. Non abbiamo ancora saputo, infatti, quali tecnologie avanzate siano davvero obbligatorie nelle trivellazioni offshore in Italia, per ridurre eventuali rischi d’incidenti. Limiti di cinque o dodici miglia non ci possono salvare dalle maree nere”.