Oltre quindicimila pensionati siciliani pesano sul bilancio della Regione per ben 613 mln €, in quanto il ceto politico isolano ha inteso usare l’autonomia per dare ai dipendenti e ai dirigenti una serie di privilegi inauditi che fanno inorridire chiunque ne viene a conoscenza. Come possiamo chiedere al Governo centrale equità quando noi, al nostro interno, l’equità non sappiamo cosa sia?
C’è di più e di peggio. Il ceto politico regionale, in questi 64 anni di autonomia, non ha voluto affidare all’Inpdap la gestione dei propri pensionati, perché in questo caso non poteva concedere loro i privilegi. Quindi, oltre al danno, anche la beffa per il portafogli dei siciliani.
C’è una terza questione gravissima e, cioè, che i pensionati attuali e quelli a venire, non essendo gestiti dall’Inpdap, hanno bisogno di un organo che li gestisca. Ha provveduto l’Assemblea regionale, su impulso di questo Governo, a istituire il Fondo pensioni, che solo di dotazione finanziaria e di risorse umane costa più di otto mln € l’anno.
Man mano che ricostruiamo i privilegi che la Regione ha concesso in tutti questi anni, ci accorgiamo che contemporaneamente essa ha scavato un baratro fra noi e le consorelle del Nord.
Anche questo privilegio va abbattuto, ora e subito. Il Governo dia mandato all’Aran siciliana di uniformarsi sotto il profilo delle norme contrattuali e dei valori pensionistici e di Tfr al contratto nazionale degli statali, dei regionali e dei comunali. Con ciò eliminando in radice la contrattazione siciliana che non deve essere autonoma, ma deve in questo caso uniformarsi a quella nazionale.
Continuare a chiudere gli occhi su questo vergognoso privilegio non consente di alzare la voce quando lo Stato o le altre Regioni ce lo rinfacciano.
Mettersi le carte in regola significa essere più bravi degli altri, a parità di spesa, perché solo così si può dimostrare di possedere più intelligenza e più conoscenza, nel senso di stabilire chi ha merito nel raffronto continuo che ci dev’essere fra tutte le pubbliche amministrazioni, e fra il settore pubblico e quello privato.
Non ci stancheremo mai di battere questo tasto e continuiamo a ribadire che la Sicilia deve rinascere all’insegna del merito e della responsabilità, senza stare con la mano tesa per chiedere, ma ribadendo il proprio diritto ad avere ciò che gli compete in base al patto costituzionale scritto nello Statuto, in quanto Regione virtuosa.