Maggiore supporto per i ricercatori isolani

MESSINA – Un giorno per la ricerca in un momento in cui le Università italiane non se la passano troppo bene (e quelle siciliane non fanno certo eccezione).
Giovedì 15 luglio nel padiglione didattico della Facoltà di Ingegneria di Messina si è svolta la II Giornata della Ricerca, durante la quale, i docenti dell’Ateneo messinese hanno presentato i risultati della loro attività scientifica.
L’iniziativa è stata articolata in sessioni di lavoro parallele suddivise per area tematica e “ha visto la partecipazione di 227 docenti dell’ateneo cittadino che hanno illustrato ai presenti i risultati delle proprie attività scientifiche”.
16 le aule dedicate all’evento, che, alla luce degli ultimi risvolti politici, ha assunto un significato ancora più radicato”. Anna Piperno, ricercatrice dell’Ateneo messinese, legge un documento, nel quale si ribadisce con forza la volontà dei ricercatori di non cedere alla proposta di legge sui tagli alla ricerca, chiedendo l’aiuto e il supporto del Rettore Francesco Tomasello.
E inoltre si legge ancora nella nota “Lo stesso Rettore, fortemente voluto dai ricercatori e presente alla manifestazione, ha a sua volta detto di “voler essere tra i ricercatori e con i ricercatori”, chiarendo che la classe politica sta solamente attendendo un passo falso da parte dell’istituzione universitaria messa sotto pressione, additata come un peso, e che in questo momento si deve restare uniti e dimostrare la bontà di un sistema e di una struttura in cui i politici non credono".
Ha un futuro la ricerca in Italia? Realisticamente questa domanda nasconde già in sé una certa dose di ottimismo. Perché la ricerca in Italia a ben guardare non ha neanche un presente. Aggredita dal di dentro da un nepotismo che ha reso gli atenei isolate torri d’avorio spesso poco produttive, sganciata dal mondo dell’imprenditoria, ridotta a lavorare con pochi fondi per i tagli governativi, la ricerca italiana si presenta forse come la Cenerentola d’Europa, indietro di secoli rispetto a quella dei paesi nordici, i cui governi anche in piena crisi hanno investito nell’istruzione secondaria, universitaria e post-universitaria.
Pochi giorni fa i Rettori delle Università statali siciliane di Palermo, Catania e Messina, in riferimento alla riorganizzazione degli studi universitari a livello regionale, hanno buttato giù una lista di richieste. A leggerle sembrano un manifesto programmatico. Ecco cosa chiedono i loro atenei: “Rivendicano il ruolo centrale e la leadership delle Università Statali, nel rispetto delle regole e dei requisiti di legge e nei limiti dei finanziamenti pubblici.  Prendono atto della volontà dei vertici della Fondazione Kore di Enna che hanno rivendicato il loro potere decisionale e la loro autonomia come Università privata. Riaffermano che le Università Statali Siciliane vigileranno, in cooperazione con il Miur, sul pieno rispetto dei requisiti minimi e qualificanti dei Corsi di Studio, in ambito regionale.
Chiedono con forza alla Regione Siciliana di ponderare il supporto finanziario e strutturale del sistema formativo pubblico e della ricerca siciliano, tenendo conto del diverso ruolo degli Atenei statali e di quello privato.Riconoscono le aspettative dei territori ma non possono non segnalare l’esigenza della sostenibilità del decentramento, in termini di risorse umane e finanziarie, con il concorso degli Enti Locali.
Entro questi limiti, con senso di responsabilità, l’Università di Catania e di Messina, con riferimento al comprensorio di Siracusa e Ragusa e l’Università di Palermo nella Sicilia occidentale, Agrigento, Caltanissetta, Trapani, propongono l’istituzione di Poli dotati di crescenti livelli di autonomia (mediante organismi di coordinamento con gli enti locali) che, nell’arco di cinque anni, possano portare alla realizzazione di strutture autonome federate, nello spirito del ddl Gelmini.” E molto, molto altro ancora.
 

 
L’approfondimento. I dettagli di un manifesto programmatico
 
Nelle dichiarate intenzioni degli atenei statali siciliani c’è la ferma richiesta al Miur di vigilare, fin dall’anno accademico 2010/2011, che i Corsi di studio attivati, sia per le statali che per la Kore di Enna, posseggano i requisiti previsti dalle normative vigenti; di definire formalmente gli atti conseguenti alla pre-intesa già sottoscritta, tenendo presenti le modificazioni del quadro di riferimento.
Inoltre, si legge nella nota “Resta inteso che dovranno essere identificate, anche di concerto con la Regione e con i competenti Enti Locali, le risorse, già programmate nel piano triennale, necessarie per qualificare i processi ed assecondare le strategie di cambiamento del sistema universitario regionale, con particolare riferimento alla rimodulazione della presenza territoriale degli Atenei.”  
A chiusura si tocca l’argomento tasse: “ Alla luce della volontà formalmente espressa dalla Kore di mantenere lo status di Università privata, si invita la Regione Siciliana a riconsiderare le modalità di ripartizione dei finanziamenti, tenuto conto del fatto che le Università statali stanno mantenendo la contribuzione studentesca a livelli socialmente sopportabili".