PdL-UdC contro PdL-MpA

Le elezioni europee, delle quali nessuno parla, hanno creato uno scenario, in Sicilia, che ha una finalità diversa: non già eleggere eurodeputati, bensì determinare la parte vincente fra l’accoppiata PdL (Schifani)-UdC e l’altra PdL (Miccichè)-MpA. Gli altri protagonisti della tenzone elettorale sono comprimari.
La parte del PdL che fa riferimento al presidente del Senato, Renato Schifani, è quella che vorrebbe battere a tutti i costi l’avversario interno per avere il predominio del Governo della Regione e della Regione stessa. Lo schieramento contrario, invece, vuole far prevalere l’interesse della Sicilia. In definitiva, si può ridurre all’osso la questione: centralismo romano contro autonomia siciliana.
Ci sembra che Angelino Alfano, nostro buon amico, abbia preso le distanze da Schifani. Nonostante le sue formali dichiarazioni, un suo pupillo, Dore Misuraca, ha aderito alla parte autonomista del PdL. Anche la parte finiana del PdL ha aderito a quella autonomista con un uomo vicino a Fini che è il mancato coordinatore regionale, Pippo Scalia.

La guerra è senza esclusione di colpi: circolano anche calunnie e insulti. In questo quadro, Raffaele Lombardo, eletto con il 65 per cento dei voti, con l’azzeramento e la ricostituzione della Giunta di Governo ha fatto una mossa efficace, per rendere palpabile di fronte a tutti i siciliani la sua sofferenza ai diktat di alcuni personaggi siciliani, che stanno nelle istituzioni romane.
L’UdC è all’opposizione nel Parlamento nazionale. Silvio Berlusconi non vuol sentire parlare di Pierferdinando Casini. Stranamente, invece, Schifani si è preso come alleato Cuffaro, vice segretario nazionale dell’UdC, con ciò andando palesemente contro il suo capo, cioè il Cavaliere.

Questa anomalia peserà parecchio nella decisione ultima che dovrà prendere il signore di Arcore in questa dissennata controversia: se cioè accettare che il vice del suo nemico Casini (Cuffaro) resti alleato al suo PdL in Sicilia, oppure mandarlo all’opposizione a Palermo come ha fatto a Roma.
Conteranno molto i voti che arriveranno al PdL, non complessivamente ma separatamente. Ci riferiamo in particolare a quelli per l’accoppiata Cimino-Strano (Miccichè) e agli altri per l’accoppiata avversaria La Via-Iacolino (Schifani). Ma sarà importante anche quanti voti andranno all’UdC e all’MpA.
Già nella doppia campagna elettorale del 2008, l’MpA fu ampiamente vincitore. Infatti ha due deputati regionali in più dell’UdC. Ma se il distacco aumentasse ulteriormente, il partito di Cuffaro verrebbe messo nell’angolo. Naturalmente vale il contrario.
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L’MpA e i suoi alleati sembrano poter superare il 5 per cento su base nazionale. Si tratta di capire se i siciliani comprenderanno che questo è un momento storico e voteranno in massa la parte autonomista del PdL e lo stesso partito autonomista, oppure la parte statalista del PdL e gli ex democristiani dell’UdC.
Ricordiamo ancora una volta che Jordi Pujol, il padre della moderna Catalogna, in poco più di trent’anni, con il suo movimento autonomista, Convergenza democratica di Catalogna, ha trasformato la regione più povera di Spagna in quella più ricca e Barcellona nella città più importante della nazione.
Per quanto riguarda la linea di questo giornale, siamo abituati, come facciamo da trent’anni, a dare una chiara indicazione di voto. Per carità, non siamo il New York Times che lo fa sistematicamente indicando di volta in volta il Partito repubblicano o quello Democratico. In Italia, vi sono quattro quotidiani nazionali schierati: Corriere della Sera e la Repubblica per il centrosinistra (con oltre 1,2 milioni di copie al giorno) e, dall’altra parte, il Giornale e Libero (con circa 300 mila copie). Gli altri quotidiani di solito non si schierano.
Ma noi lo facciamo ricordando, a chi non lo sapesse, che da trent’anni auspichiamo il totale rispetto dello Statuto e, in modo provocatorio, abbiamo costituito, nel 2000, il Movimento federalista. La coerenza è un valore che non si tradisce. L’autonomia, neanche.