è un dato che si mantiene quasi inalterato dal 2006, come dimostra la Relazione sulla situazione economica del Paese 2009: i siciliani, soprattutto per le operazioni chirurgiche più complesse, preferiscono curarsi fuori. Tra chi viene a curarsi in Sicilia e chi invece dalla Sicilia va a curarsi in altre Regioni, c’è un saldo negativo di 6.050 pazienti e di -185 milioni di euro. Le mete preferite sono la Lombardia, il Lazio e il Veneto, tutte Regioni che registrano nel 2008 un saldo attivo nella mobilità interregionale: la Lombardia in testa con + 445 milioni, il Lazio a + 44,9 milioni e il Veneto a + 97 milioni di euro. L’assessore alla Salute Massimo Russo ha messo a punto una serie di provvedimenti, che si possono leggere nelle ultime Gazzette pubblicate, a partire dagli incentivi per la qualità nelle prestazioni più a rischio “fuga”.
Curarsi fuori dai confini dell’Isola: i siciliani continuano a credere nel viaggio della speranza e si recano altrove per risolvere i problemi di salute. Lombardia, Lazio e Veneto sono, nell’ordine, le regioni che presentano un maggiore indice di gradimento per i pazienti di casa nostra.
Il dato è emerso in occasione del Giudizio di parifica della Corte dei Conti per l’esercizio finanziario della Regione 2009.
Lo scorso anno, secondo le informazioni trasmesse dall’assessorato Salute ai magistrati contabili, per la mobilità sanitaria attiva (i non siciliani che si curano nell’Isola) sono stati incassati circa 52 milioni di euro, mentre per quella passiva (i siciliani che si curano fuori regione) sono stati spesi circa 235 milioni di euro, con un saldo negativo di 183 milioni di euro.
Ma è andata peggio nel 2008. In quell’anno, infatti, per i pazienti che hanno scelto di ricoverarsi in Sicilia sono stati incassati 48 milioni di euro, mentre per i siciliani che hanno messo il pigiama in valigia e sono fuggiti, sono stati spesi 233 milioni di euro con un saldo negativo di quasi 186 milioni di euro. Tra l’altro secondo la Relazione sulla situazione economica del Paese 2009, volume secondo, pubblicata sul sito del ministero della Salute, il saldo della Sicilia è di -198,8 milioni di euro, vedi tabella pubblicata qui sotto.
In pratica – stando ai dati della Corte dei Conti Sicilia – due anni fa per un malato non isolano che si è curato in Sicilia, cinque cittadini della Trinacria sono andati altrove. E la situazione, nel 2009, non è migliorata molto. Tuttavia, spiega il procuratore generale d’Appello, Giovanni Coppola, “Va sottolineato che il dato differenziale sarebbe ancora più negativo se non vi fosse la Calabria, i cui cittadini vengono a curarsi in Sicilia e che da sola ci rimborsa oltre il 50% di quanto si incassa per mobilità attiva”.
La partenza, dunque, è ancora tutta in salita. Facile considerazione se si guarda ancora più lontano, ovvero al Piano di contenimento e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2007-2009, il cosiddetto piano di rientro che la Sicilia tre anni fa ha concordato con i ministeri della Salute e dell’Economia. Un documento che segnala “un’alta percentuale di mobilità passiva in particolare su alcune specialità di media ed alta assistenza”. E prospetta, come una delle possibili soluzioni, la realizzazione dei tre centri di eccellenza materno-infantile, oncologico ed ortopedico a Palermo, Catania e Messina.
Per la Corte dei Conti, che ha analizzato i dati del ministero della Salute per “comprendere il fenomeno”, il saldo relativo alla mobilità ospedaliera nella Regione resta negativo anche nel 2008 per oltre 30 mila ricoveri ordinari e oltre 6 mila ricoveri in day hospital “seppure in lieve flessione in raffronto agli anni 2006 e 2007”.
Inoltre, nel 2008 l’indice di attrazione calcolato per la Sicilia (rapporto percentuale tra il numero dei dimessi non residenti e il numero totale dei dimessi dalla Regione) rispetto ai ricoveri per acuti in regime ordinario, si è attestato attorno all’1,79 per cento rispetto al valore medio nazionale del 7,26 per cento. E l’indice di fuga (rapporto percentuale tra il numero di residenti dimessi fuori regione e il totale dei residenti dimessi ovunque) è stato pari al 6,24 per cento rispetto al valore medio nazionale del 7,16 per cento.