Test di ammissione e diritto allo studio, una “strana coppia”

PALERMO – Numero chiuso. Che a volte vuol dire facoltà  universitarie aperte a poche persone, e non sempre a quelle che meriterebbero davvero di poterle frequentare. Sono iniziati giovedì 2 settembre i test di ingresso per l’anno accademico 2010/2011. 300.000 studenti coinvolti dei quali, in media, solo uno su cinque supererà con successo la prova iniziale.
Non sono mancati i ricorsi contro questa modalità di selezione negli ultimi anni. Non sono ricorsi “seriali”, anche se questo servizio viene inserito nella pagina del consumo proprio per evidenziare un paradosso: gli studi universitari, storicamente prima un privilegio, poi un diritto, per alcuni rami sembrano essere un’affollata lotteria, in cui c’è una parte estremamente debole, lo studente, ed una estremamente forte, il sistema universitario a porte chiuse.
In un comunicato stampa della Consulcesi Health, l’associazione culturale che nel corso di dieci anni ha sostenuto oltre 10.000 ragazzi nel loro ricorso contro l’esclusione dalla facoltà prescelta si ricorda  la posizione dell’Antitrust espressa nel 2009, secondo cui “il numero di studenti ammessi non è sufficiente a coprire il fabbisogno delle professioni sanitarie” ed occorre “modificare la legge sul numero chiuso non più corrispondente alle attuali esigenze oggi richieste il Sistema Sanitario Nazionale”.
Per questo esame di ammissione stranamente non conta la carriera scolastica, neanche in generale  il voto finale. Proliferano corsi privati, spesso costosi, di preparazione al concorso di ammissione. Viene spontaneo tifare per chi ci prova studiando da solo, o suggerire al mondo della scuola e a quello dell’università di organizzare lezioni non riservate solo a chi può permettersele (alcuni istituti per fortuna già lo fanno). 
Ma andiamo a vedere com’è in questi giorni la situazione nei tre atenei siciliani. 2.897 domande presentate a Catania per Medicina e Chirurgia, candidati a prova di metal detector, per garantire la massima trasparenza e legalità nell’espletamento delle prove.
Sono invece 2.358 i candidati al test a numero chiuso per l’ingresso all’ateneo di Palermo. Un incremento del 15 per cento rispetto all’anno scorso, parallelo all’aumento dei posti a concorso, passati da 300 a 380 (300 a Palermo, 50 a Caltanissetta): Palermo è il secondo Ateneo italiano dopo Roma La Sapienza da questo punto di vista.
Rispettato rigorosamente il criterio della data di nascita nella divisione delle aule, anche se, precisa nella nota d’ateneo  il presidente della Commissione, Calogero Caruso, ordinario di Patologia generale , fanno eccezione “cinque coppie di gemelli, che sono state sistemate in aule diverse”. Anche qui niente borse, zaini, libri, cellulari. Due ore di tempo, fino alle 13, per rispondere a 80 domande a risposta multipla: 40 di cultura generale, 18 di biologia, 11 di chimica, 11 di fisica e matematica. Infine Messina: le prove si terranno presso i locali della Fiera Campionaria e della Facoltà. Nel comunicato stampa dell’ateneo dello Stretto si legge che per garantire la legalità  “saranno schermati gli ambienti per disturbare le comunicazioni.”
 Il trend registrato per l’anno accademico 2010/11, vede 7.050  domande rispetto alle 6.492 dello scorso anno: a infermieristica ci sono 2.073 candidati, 59  sono le domande per dietista, 111 per tecnico di laboratorio,  75 a igiene mentale ed infine per la facoltà di Medicina Veterinaria ci sono 594  aspiranti.
Purtroppo non tutti ce la faranno. Quindi, almeno, che vinca il migliore.
 

 
Come funziona il numero chiuso in Italia
 
Secondo la legge n° 264 del 1999 la selezione degli studenti viene effettuata in base al risultato di un test attitudinale predisposto al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, che mira a verificare la conoscenza dello studente relativamente ad alcune discipline specifiche, non tiene conto del percorso scolastico, né in generale del voto riportato alla maturità.  Ogni anno alcune delle domande oggetto della selezione finiscono sotto accusa perché la risposta prevista come esatta è errata o dubbia, ogni anno alcuni atenei salgono agli onori della cronaca per vere o presunte irregolarità. Secondo la legge la determinazione annuale del numero di posti a livello nazionale va effettuata sulla base della valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo.  Non si tiene invece conto del fatto che quello in cui viviamo è uno  spazio europeo e neanche del fatto che chi fa il test oggi entra nel mondo del lavoro non prima di sei-sette anni (anche quindici in caso di specializzazioni molto particolari).  Meno del 35% degli studenti che si immatricolano, raggiungono successivamente la laurea ed ancor meno la specializzazione. In compenso qualcuno non ci ha potuto neanche provare.