La Regione tarpa le ali ai giovani

Sicilia senza idee imprenditoriali. Sono sempre di meno i giovani disposti a fare impresa ed a mettersi in discussione, preferendo rimanere ai “box” o peggio ancora ad accontentarsi di entrare in qualche call center o a lavorare in nero. Le cause sono molteplici: vuoi la vecchia mentalità dei padri convinti che il lavoro vero sia quello da impiegato nella pubblica amministrazione (il cosiddetto “posto fisso”), vuoi anche il timore di dovere investire anche piccole cifre in un momento di congiuntura negativa.
 
Ma a giocare un ruolo in questo senso anche le difficoltà di accesso al credito e la lentezza della macchina burocratica regionale che ancora oggi stenta a far partire la marea di fondi europei per la programmazione 2007-2013. Si parte da un dato eloquente snocciolato da Unioncamere: i titolari d’impresa “under 30” in Sicilia sono 22.859. Nell’ultimo decennio sono addirittura calati del 17,6 per cento.
 
Numeri che stridono fortemente con quella che è la realtà. Storicamente infatti la vivacità delle imprese è correlata all’aumento della disoccupazione. In pratica il giovane che si vede chiudere le porte in faccia per fare l’impiegato si deve necessariamente reinventare e allora tenta la via dell’imprenditoria in proprio, ovviamente con l’aiuto delle sovvenzioni statali, europee o regionali.
 
Ed invece ecco la sorpresa: dal 2002 si sono persi per strada 4.500 imprenditori giovani e a far da contrasto una disoccupazione giovanile è salita addirittura al 38,5 per cento (dato aggiornato da Confartigianato a tutto il 2009). In questo contesto è cresciuto invece il dato, secondo quanto testimonia Confartigianato, dei lavoratori irregolari: in Sicilia sono saliti al 18,8 per cento, ben 7 punti percentuale in più rispetto alla media nazionale.
In realtà la questione può essere spiegata dal punto di vista sociologico: i siciliani, anche quelli giovani, hanno una mentalità lontana da quella del lavoro autonomo. Conferma che arriva da un’altro interessante spunto. Infatti Unioncamere ha potuto notare come proprio in Sicilia ci sia un numero imponente di giovani imprese guidate da extracomunitari. Rappresentano ben il 7,5 per cento della quota nazionale e sono tra i più numerosi d’Italia: soltanto in Calabria e Campania ce ne sono di più.
 
Evidentemente un’altra cultura porta ad un approccio ben diverso. Il perché è abbastanza evidente: l’Istat ha potuto constatare che al momento sarebbero ben 315.317 i dipendenti pubblici: quasi 150 volte di più di quelli che sono oggi gli imprenditori giovani. Il Pil siciliano è sorretto per un quinto proprio dall’impiego dietro una scrivania. “è un quadro che desta preoccupazione –  commenta il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello – perché si ritarda l’ingresso nel mercato di tante energie nuove”.
Nel territorio siciliano però ci si deve ancora oggi scontrare con delle evidenti realtà che possono portare il giovane imprenditore a scoraggiarsi. La più pressante è senza dubbio la burocrazia. Molti bandi ancora non sono partiti, ad esempio quelli per l’agricoltura. Ce n’è uno relativo alla misura 1.1.2 del Psr 2007/13 (Insediamento giovani agricoltori)”, per un ammontare di 90 milioni, rimasto al palo: “I giovani agricoltori siciliani – afferma Vincenzo Calì, responsabile regionale in tema di agricoltura dell’Udc – attendono da più di due anni la messa a bando dei fondi per l’imprenditoria giovanile”. E sulla spesa dei fondi europei che stenta a decollare dice Giovanni Catalano, direttore di Confindustria: “A causa dello stentato decollo della programmazione europea 2007-2013 e dei continui blocchi amministrativi molti bandi non hanno visto ancora la loro pubblicazione”.
Effettivamente, dando uno sguardo alla Programmazione dei Fondi del Po Fse, non risultano ancora attivate ben 4 misure che attiverebbero bandi per un ammontare di circa 539 milioni di euro, spalmati tra gli Asse I, II e III. Comprendono il sostegno all’imprenditoria giovanile e femminile.