Certificati assistenza al parto: più controlli

PALERMO – Nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana n. 39 dello scorso 3 settembre è stato pubblicato il Decreto dell’Assessorato regionale alla Salute con oggetto le “Disposizioni relative all’invio del flusso certificato di assistenza al parto (CEDAP)”.
Anche se il provvedimento può apparire caratterizzato da un ovvio tecnicismo, nella sostanza affronta uno dei temi che ha caratterizzato, di recente, la mala sanità siciliana, cioè la necessaria tutela della salute della madre e del nascituro nel corso del parto.
Nelle intenzioni dell’assessorato regionale della Salute, già espresse nelle comunicazioni ufficiali dello scorso luglio, vi è la determinazione di volere promuovere il ricorso al parto naturale e contenere l’eccessivo ricorso al parto cesareo, legandosi, in tal modo, alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
Tra le premesse del decreto si palesa, anche, un ulteriore campanello d’allarme nella gestione dei parti. In particolare, considerando il numero di parti rilevati attraverso le schede di dimissione ospedaliera (Sdo) si è palesato un invio proporzionalmente ridotto all’assessorato alla Salute del flusso informativo relativo alla certificazione di assistenza al parto (Cedap).
Il provvedimento firmato dall’assessore Massimo Russo, lo scorso 29 Luglio, si pone, dunque, l’obiettivo di uniformare i dati relativi al parto tra le schede di dismissioni e le certificazioni di assistenza. Il risultato potrà essere raggiunto solo se verrà effettuato un attento monitoraggio ed una conseguente archiviazione di tutti i dati ufficiali inerenti le procedure ed i protocolli legati al parto.
In base ai reports pubblicati dall’assessorato regionale alla Salute, è opportuno precisare che tra  i dati relativi al parto cesareo, che sono stati registrati in Sicilia nel 2008 e nel 2009, la percentuale di parti cesarei è stata del 53%, a fronte di una media nazionale del 38,35%, ed all’obiettivo del 20% stabilito dal Ministero.
In Sicilia ad incidere sensibilmente alla formazione del dato sono state e sono le case di cura private. Per porre un freno al fenomeno l’amministrazione regionale ha deciso di uniformare le tariffe per le varie tipologie di parto, sia nel caso di strutture pubbliche che private.
In suo intervento pubblico l’assessore alla sanità ha evidenziato che “c’è una evidente distorsione del sistema, che non trova nessuna spiegazione epidemiologica e che incide pesantemente sui conti della Regione siciliana, senza in alcun modo offrire maggiori garanzie di sicurezza alle pazienti. Spesso il ricorso al parto cesareo è motivato da una carente o errata informazione che viene fornita alle gestanti o da una cattiva organizzazione ospedaliera, ma ci sono anche ragioni economiche che orientano le scelte delle strutture: con le attuali tariffe, infatti, la Regione rimborsa una cifra quasi doppia per un parto cesareo. Da qui la scelta di uniformare le tariffe e sono convinto che questa decisione produrrà, nel giro di pochi mesi, un aumento dei parti naturali che riporterà correttamente la Sicilia al livello delle altre regioni”.
È importante ricordare che con un precedente decreto Massimo Russo, grazie al lavoro di un apposito tavolo tecnico, ha, già,  deciso di uniformare il rimborso a 1.900 euro, per tutte e tre le principali classificazioni di parto, che, precedentemente, venivano remunerate in modo diverso: il parto vaginale senza complicazioni era pagato 1.489 euro; quello vaginale con sterilizzazione e/o dilatazione e raschiamento 1.945 euro; quello cesareo senza complicanze 2.359 euro.