Secondo la prima indagine pre-vendemmiale 2010 (dati Ismea-Uiv) il vigneto Italia è in buono stato di salute e la produzione potrebbe risultare superiore, rispetto allo scorso anno, con una crescita che si prevede al 5%.
L’ultimo aggiornamento Istat rileva però che, tra il 2008 ed il 2009, la Sicilia, a differenza delle altre regioni dove si registra un aumento (Piemonte, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Campania) presenta un segno meno sulla produzione in base annua.
Assoenologi conferma che “in Sicilia è buona la resa uva/vino, nonostante ciò si registra complessivamente in tutta la regione un decremento produttivo del 20% rispetto alla passata campagna.
Assoenologi conferma che “in Sicilia è buona la resa uva/vino, nonostante ciò si registra complessivamente in tutta la regione un decremento produttivo del 20% rispetto alla passata campagna, dovuta sia all’abbandono, attraverso i contributi comunitari, di oltre 2.000 ettari di superficie vitata, sia dagli abbandoni volontari causati dalla preoccupante situazione di mercato e, non ultima, dalla vendemmia verde (per “vendemmia verde” l’Ue intende la completa distruzione o eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, in modo da ridurre a zero la resa dell’intera unità vitata, ndr) operata in Sicilia su oltre 9.000 ettari.
Tutto questo si tradurrà in una diminuzione di circa 1.300.000 ettolitri di vino rispetto al 2009, mentre le altre regioni vocate alla vitinicoltura aumentano al contrario la loro produzione, anche se assistono ad una diminuzione del loro export e consumo interno, ad esempio il Piemonte dove tra l’altro una gravissima crisi di vendita dei loro vini, ha costretto il Ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan ad accordare la distillazione di crisi per eliminare le scorte (si tratta di oltre 200mila ettolitri di vino)”.
Intanto per la campagna in corso il prezzo dell’uva da mosto in media è di trenta centesimi al kg. Troppo basso, e i produttori sono spesso costretti a chiudere. Negli ultimi due anni il vigneto siciliano è calato di 5 mila ettari e in totale nel settore vitivinicolo le imprese del settore sono scese del 4%.
L’Associazione “Assoenologi” prevede una diminuzione della produzione vitivinicola nelle varie regioni con percentuali che vanno dal -10% per la Toscana, -15% Sardegna, e -20% per la Sicilia, a fronte di Piemonte, Lombardia e Puglia che aumentano la loro produzione del 10%.
La buona notizia è però che dall’estero ci richiedono più vino. Accanto ad un calo dei consumi interni, emerge un dato non trascurabile -confermato da Assoenologi- ovvero che oltre il 30% della produzione di vino viene esportato e “non è da escludere -dice il presidente di Assoenologi, Giuseppe Martelli- che entro il 2015 supereremo il 40% in quantità”.
Anche Luca Giannozzi, Vicepresidente della Federazione nazionale vitivinicola di Confagricoltura conferma “all’estero c’è un risveglio generalizzato: un 10% con la Russia”. Il trend positivo viene confermato dagli stessi produttori: Alberto Tasca d’Almerita attesta un incremento del 16% del vino esportato, così come le altre cantine siciliane da “Settesoli” a “Donnafugata”, cantina “Val di Noto” e “Nero d’Avola”.
I dati elaborati dal Coreras-Istat del 2009 e del 2008 denotano un aumento dei quantitativi di vino siciliano esportato e segnatamente tale crescita è imputabile all’aumento di vino confezionato; solo Germania, Svizzera, Svezia e Russia registrano un forte aumento relativamente agli ettolitri di sfuso. Se analizziamo nel dettaglio gli ultimi dati Ismea, nel contesto internazionale, dall’inizio del 2010 le esportazioni sono aumentate dell’8% sia in quantità, sia in valore. Quel che desta particolare stupore è il fatto che di fronte ad un sempre crescente apprezzamento del vino siciliano e di fronte all’aumento delle esportazioni, in bottiglia e “sfuso” e del consumo interno, la Sicilia a differenza delle altre regioni nella vendemmia 2010 sta denunciando un calo del 20%, rispetto allo scorso anno.
Non possiamo attribuire il fatto alle condizioni climatiche sfavorevoli considerato che -come rileva il rapporto trimestrale Ismea di analisi e previsioni per i settori agroalimentari- : “È da valutare anche la forte adesione alla “vendemmia verde” alla quale si aggiunge l’abbandono, con premio, dei vigneti. Sono stati circa 10.000 gli ettari per i quali è stata accolta la domanda di vendemmia verde e questo potrebbe togliere dalla produzione, potenzialmente, circa un milione di quintali di uva”.
“Non si fa abbastanza – puntualizza il presidente dell’IRVV (Istituto regionale della vite e del vino), Leonardo Agueci – perché si segue una logica che non sempre incoraggia la produzione di qualità di cui la nostra Isola potrebbe essere protagonista”.
L’approfondimento. Piccoli produttori i più colpiti dalla crisi
Il presidente di Acli Terra Sicilia, Nicola Perricone afferma che “il settore vitivinicolo è uno dei più dinamici dell’economia siciliana. Il Pil incide per il 25% circa, ma non dobbiamo dimenticare che a livello microeconomico ci sono realtà che rischiano di chiudere. Mi riferisco ai piccoli produttori che vendono le uve alle cantine sociali, ma anche alle grandi aziende che hanno investito nel lungo periodo e adesso si trovano a dovere affrontare un altro anno di grave crisi”. E non bisogna dimenticare che “la provincia più vitata d’Europa è siciliana, ed è la provincia di Trapani; secondo un’indagine Doxa di qualche anno fa la Sicilia ha una sua identità ben precisa agli occhi degli stranieri, con effetti positivi sulla vendita dei prodotti made in Sicily, vino compreso. Un appeal che viene alimentato anche dal grande lavoro sui vitigni autoctoni. Ma a fronte del successo di immagine riscosso all’estero sul prodotto finito, dobbiamo fare i conti con una situazione drammatica alla produzione, che rispetto alle altre regioni d’Italia ci trova svantaggiati.