Palermo – Università, i lettori “dimenticati”, sono “tecnici” ma fanno lezione

PALERMO – Esiste un fenomeno, all’interno dell’Università di Palermo, poco conosciuto ma a dir poco incredibile. In un periodo in cui sono all’ordine del giorno le proteste dei ricercatori di tutta Italia contro la cosiddetta “riforma Gelmini” del sistema universitario, esiste una categoria di persone, anche essa facente parte di quel complicato sistema universitario, che da anni silenziosamente lotta tra precariato ed incertezza più assoluta: il lettori di lingua straniera.
La figura del lettore di lingua straniera, creata dall’art. 28 del D.p.R. 382/80 (lo stesso decreto che ha creato la figura del ricercatore universitario), è stata in questi trent’anni trattata, gestita e modificata a livello legale, remunerativo e previdenziale da circolari interne, decreti speciali e sentenze di tribunale.
La l. 236/95 sostituì la figura di lettore di lingua straniera con quella di “collaboratore ed esperto linguistico di lingua madre”, assunto dalle Università con contratto di lavoro subordinato di diritto privato – e non più con contratto di lavoro autonomo – stipulato normalmente a tempo indeterminato. Contemporaneamente, una circolare interna del Rettore dell’Università di Palermo vietava ai lettori con sei anni di carriera presso una facoltà la possibilità di farne un settimo, salvo poi l’annullamento da parte del Tribunale di Palermo di questa assurda norma.
Dall’aprile del 2003, ai lettori di lingua straniera è stato inoltre imposto il divieto di insegnamento: possono solo aiutare il professore per quel che riguarda l’impostazione della pronuncia. Insomma, un declassamento in piena regola.
Infine, la sentenza della Corte di Giustizia europea del 18 agosto 2006 sulla causa C-119/04, ha condannato l’Italia al pagamento di 221.956 Euro per ogni giorno di infrazione, per non aver assicurato “alla data di scadenza del termine impartito nel parere motivato, il riconoscimento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre, mentre tale riconoscimento era garantito alla generalità dei lavoratori nazionali”. Causa della condanna, l’art. 1, n. 1, del decreto legge n. 2/2004, che dispone che «in esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia […] il 26 giugno 2001 nella causa C 212/99, ai collaboratori linguistici, ex lettori di madre lingua straniera nelle Università degli studi della Basilicata, di Milano, di Palermo, di Pisa, La Sapienza di Roma e l’Orientale di Napoli, […] è attribuito, proporzionalmente all’impegno orario assolto, tenendo conto che l’impegno pieno corrisponde a 500 ore, un trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data di prima assunzione, fatti salvi eventuali trattamenti più favorevoli […]”.
Maximo Ghioldi, lettore di lingua spagnola di origine argentina alla facoltà di Scienze Politiche di Palermo, dopo anni di battaglie, non ha dubbi: “Mentre i lettori, nella gran parte delle Università italiane, hanno posizioni regolarizzate all’interno delle facoltà in cui insegnano, a Palermo una serie di decreti e circolari universitarie ha trasformato queste figure da personale fondamentale per gli studenti a “merce di scambio” per i favori tra i baroni dell’Università. Addirittura adesso, secondo l’Ateneo palermitano, i lettori sarebbero inquadrati come personale tecnico-amministrativo, in violazione di quanto decretato dalla sentenza del 2006 che ci equipara ai ricercatori. Il nostro problema non fa ovviamente rumore perché siamo solo 53 persone”.