Sul N.Y. Times l’arte di Piazza

La sua fama è arrivata fin oltre oceano, nella Grande Mela, e senza muoversi da Catania. Alcuni noti giornalisti del “New York Times”, dopo averne apprezzato la cucina, lo hanno immortalato tra le colonne di un articolo, con tanto di foto con divisa e cappellone, e ancora oggi i turisti a stelle e strisce arrivano con il ritaglio dell’articolo in tasca, chiedendo di mangiare quanto c’era descritto.
Per Saverio Piazza, chef da 35 anni, dal 2002 al ristorante “Il Timo” dello Sheraton etneo, essere cuoco è un fatto di Dna, oltre che di famiglia: padre e nonno erano chef come lui, il bisnonno invece “maestro di casa”, governante in una dimora aristocratica nel palermitano. Classe 1961, catanese doc, come i vini che propone nei suoi menù, Piazza non ha dubbi: il mangiare bene è frutto di un’intesa reciproca chef-cliente: il cuoco deve saper cucinare e il cliente deve saper mangiare, apprezzare, degustare. Non è un uomo di istinto, deve calcolare ogni piccolo particolare ed è questo, forse, che rende i suoi fornelli come la tavolozza di un artista che ha a propria disposizione sapori, odori, colori.
 
Almeno a questo si pensa se di Saverio Piazza si assaggia il riso alle erbe con champagne e ostriche: la sensazione caldo-freddo, la persistenza, quel tanto che basta, del frutto di mare, pronto a morire sul palato, costituiscono il messaggio della tradizione che si sposa alla ricercatezza e alla riflessione in cucina. Meglio se annaffiate con un ottimo bianco da cui traspaia la barrique. E il tonno bardato con lardo, ora di colonnata ora di conca, e melanzane bianche, nascoste in una apposita tasca tagliata nella carne del tonno stesso. Un Rosso del Conte Tasca d’Almerita può dare un senso ancora più profondo a questo piatto. La firma a fine pasto? Per Saverio Piazza è una mousse di ricotta con petali di pasta fillo, dessert straordinario nella sua semplicità, con ricotta di pecora asciutta e zucchero quel tanto che basta e una grattata di arancia, di cannella e di zucchero a velo.