PALERMO – Le città siciliane hanno un grande patrimonio culturale da cui poter trarre notevoli benefici economici, ma i comuni spendono poco, o quasi nulla, per valorizzarlo. È la solita litania che trova conferma, in questo caso, nelle casse del Comune di Palermo, che tra le 21 città più grandi d’Italia è risultata ultima per investimenti e spesa pro capite nel campo culturale, sui dati del bilancio 2008.
La notizia è emersa dall’analisi di StageUp – Sport & Leisure Business su dati della Fondazione Civicum, relativi proprio ai conti economici 2008 sui Comuni di Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Cagliari, Catanzaro, Firenze, Genova, La Spezia, Milano, Modena, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Potenza, Reggio Emilia, Torino, Trento, Trieste, Venezia.
Con appena 18 euro pro capite spesi per la cultura e con investimenti pari a zero nello stesso campo, il capoluogo siciliano si piazza quindi in fondo alla classifica e rientra nel gruppo dei “Comuni con bassa spesa e bassi investimenti”, insieme a Bari, Catanzaro, La Spezia, Napoli, Pescara, Perugia e Potenza.
Se Palermo, e più diffusamente il Mezzogiorno, dedicano così poca attenzione alla cultura, Torino, Genova e Milano sono un punto di riferimento per l’equilibrio fra spese e investimenti nel settore. In particolare, Genova e Torino sono gli unici Comuni, fra quelli analizzati, che vantano una spesa corrente sotto la media, garantendo però livelli di investimento sopra la media. Per quanto attiene la spesa, a fronte di una “spesa media per abitante” di 50,5 euro, Genova si attesta a 46 euro e Torino a 49. Osservando invece gli “investimenti per abitante” la media raggiunge 14,1 euro, mentre Genova tocca i 16 euro e Torino arriva a 30.
Milano si distingue, invece, tra le metropoli per il miglior rapporto fra investimenti e spesa. Il capoluogo lombardo, seppur secondo per una incollatura dietro Reggio Emilia, raggiunge nell’indicatore quota 66% ed è in testa fra i comuni sopra i 200.000 abitanti, davanti a Torino (61%), Genova (35%), Trieste (22%) e Bari (22%).
“Dall’analisi condotta – commenta Giovanni Palazzi, presidente di StageUp – emerge un’Italia che non vede ancora la cultura come investimento e quindi fonte durevole di sviluppo del territorio. Si evidenzia, anche in relazione all’attuale situazione economica, l’esigenza di un deciso cambiamento che limiti la spesa corrente a favore degli investimenti, con una prospettiva di medio/lungo termine. Fondazioni, consorzi o società miste fra pubblico e privato possono essere il veicolo migliore per questa trasformazione nella logica di porre a disposizione risorse finalizzate a progetti chiari, con forte impatto sull’indotto e dai ritorni misurabili”.