Il commercio vuole nuove regole e la chiusura dei Consorzi Asi

PALERMO – Regolamentazione degli orari di apertura e chiusura dei negozi ed abrogazione dei Consorzi Asi. Sono questi i temi al centro della tavola rotonda organizzata dalla Confcommercio Sicilia, di concerto con il Centro studi Iscot, ed alla quale hanno preso parte oltre al presidente dell’associazione dei commercianti, Pietro Agen ed al suo omonimo del Centro studi, Marino Julo Cosentino, anche il deputato regionale e presidente dalla commissione Attività produttive, Salvino Caputo, ed il suo vice l’on. Pino Apprendi.
Ad apertura dei lavori, Cosentino ha spiegato le ragioni profonde di un confronto con le istituzioni, affinché i disegni di legge che riformano il commercio ed i Consorzi delle aree di sviluppo industriale siano condivise nel modo più ampio, e dai destinatari dei provvedimenti, e dall’Assemblea regionale siciliana, che sarà chiamata ad esaminare ed approvare le due riforme.
Nel corso dell’incontro sono stati illustrati i contenuti delle proposte di riforma, che prevedono la regolamentazione degli orari dei negozi, con limitazione dell’inserimento di medi e grandi esercizi commerciali nei centri storici e la soppressione dei consorzi Asi e loro sostituzione con uffici periferici dell’ente pubblico non economico Irsap (Istituto regionale per lo sviluppo delle aree produttive), che ha competenze sul rilascio delle autorizzazioni agli insediamenti produttivi.
Agen, da parte sua, ha messo in luce i diversi punti critici dei due progetti di riforma, che comunque ritiene necessari. Nella sostanza il numero uno regionale dei commercianti stigmatizza la scelta di intervenire soltanto su alcuni articoli senza modificare nei contenuti fondamentali una legge sul commercio ormai obsoleta: “La legge 28 del 1999 in effetti ricalca la legge 426 del ’71 – ha dichiarato – e 41 anni in economia sono un’era geologica”.
Un’altra critica ha riguardato il modo indifferenziato di valutare strutture di 1.500 metri quadrati, con insediamenti commerciali superiori ai 3.000 metri quadri, così come i grandi centri commerciali perfino di 200 mila metri quadri. Inoltre, secondo Agen, ogni autorizzazione per simili strutture dovrebbe essere valutata non dal singolo Comune, su cui ricade, ma da una visione sovracomunale, in modo che sia frutto di un progetto globale, complessivo del territorio nella sua interezza.