PALERMO – Gli anni passano, ma l’amianto resta sempre lì. La Sicilia è una delle realtà sottoassedio, viste le cifre sciorinate dall’Inail in questi ultimi anni, che vedono 36 mila domande di indennizzo da parte dei lavoratori e una media di 70 persone all’anno che muoiono per esposizione all’amianto. L’ultimo a Messina, tre giorni fa: era un ex dipendente della Sacelit, fabbrica tristemente nota. Tra i lavoratori del sito di San Filippo del Mela è un’ecatombe: sono già 100 i morti. Dati che non devono destare meraviglia visto che sono state ben 780 le aziende che hanno dichiarato di aver fatto uso di amianto e altre 279 fallite o di cui non si sa più nulla.
Nella lista delle province maggiormente a rischio spicca Palermo, 199 casi di mesotelioma definito tra il 1998 e il 2006, prima provincia in Sicilia davanti Catania (111) e Siracusa (84), e terza a livello nazionale. Secondo gli ultimi dati del Registro regionale siciliano dei mesoteliomi, assegnato, secondo Decreto dell’Assessore per la Sanità n.25861, all’Osservatorio Epidemiologico Regionale e al Registro Tumori di Ragusa, dal 1998 al 2006 si sono registrati nell’Isola 644 segnalazioni di mesotelioma, di cui 450 sono stati identificati come certi. “La Sicilia è una delle prime Regioni ad essersi dotata del Registro che copre l’intera popolazione – ha commentato Salvatore Scondotto, assessorato alla Sanità Dipartimento Osservatorio Epidemiologico – e costituisce uno strumento fondamentale per la valutazione del trend della patologia sul territorio”. Tuttavia i dati vanno monitorati con attenzione dato il lungo periodo di latenza del mesotelioma. “Questo significa che esso può essere riconducibile ad esposizioni a fibre di amianto nei decenni passati – si legge nella Relazione del Registro Regionale Siciliano dei mesoteliomi – e che il trend d’incidenza, probabilmente, potrebbe essere in salita nel corso dei primi lustri del 2000”.
Ma a che punto si è nell’isola rispetto la normativa nazionale? Dal 1992, grazie alla legge n. 257, non solo l’asbesto è stato vietato, ma ne è stato predisposto un censimento complessivo per le operazioni di bonifica, viste le patologie amianto-correlate come l’asbestosi, il mesotelioma ed il carcinoma polmonare. Da allora sono passati 17 anni e, nonostante le cifre spese dal ministero dell’Ambiente per la mappatura e la bonifica delle aree, la situazione resta tuttora altamente critica. Il tentativo regionale, attuato a metà anni Novanta, attraverso delle schede di autodenuncia con obbligo di compilazione pena sanzioni amministrative fino a 5 mila euro, non ha infatti riscosso un grande successo. Un altro timido tentativo di piano regionale per la rimozione dell’amianto, poi abortito, era stato tentato, all’interno del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, nel 1998, redatto dall’Ufficio del commissario delegato per l’emergenza rifiuti e per la tutela delle acque in Sicilia. Altro passaggio nel 2003, secondo quanto riporta AssoAmianto, quando sono stati erogati 5 milioni di euro in virtù del Decreto 18 marzo 2003 n.101 del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio come attuazione dell’articolo 20 della Legge 23 marzo 2001, n.93, di cui ben 362.845 euro alla Sicilia. I finanziamenti avevano il duplice intento di promuovere la mappatura del territorio, già prevista nel 1992, in collaborazione con l’Arpa, e di segnalare i siti maggiormente a rischio e quindi da bonificare prioritariamente. Ma il problema principale non è solamente la questione bonifica, ma anche le gestione del materiale che deve essere portato in discarica.
“La Sicilia non dispone di nessuna discarica adatta sul proprio territorio – ha specificato Parisi – e quindi il problema dei costi per lo smaltimento si innalza, visto che bisogna arrivare fino in Calabria”. E i costi sono già elevati, secondo una stima di massima si parla di 10 euro al mq per smaltire l’eternit, a cui va aggiunto un ulteriore esborso per la nuova copertura. “La situazione è abbastanza grave in tutta Italia – ha concluso Enzo Parisi – ma è anche vero che alcune Regioni iniziano a muoversi, mentre noi abbiamo avuto anche gli impianti di produzione di cemento amianto e le raffinerie dell’isola che di questo prodotto ne hanno usato in grande quantità”.