PALERMO – I segnali di ripresa economica incoraggiano gli imprenditori siciliani anche in tempi di crisi. I dati diffusi da Unioncamere-InfoCamere, Movimprese relativo al terzo trimestre 2010, se confrontati con quelli dello scorso anno, che hanno fatto registrare cifre drammatiche di mortalità delle imprese, fanno ben sperare.
Il numero delle società di capitali è in crescita, le aziende si organizzano in forme più complesse, per potere resistere meglio alle difficili attuali condizioni di mercato e le imprese individuali mostrano maggiore vitalità. In Sicilia si registra un tasso di crescita di +0,58% rispetto al 2009 (+0,16%), con 6.572 iscrizioni e 3.850 cessazioni di imprese (+2.722 imprese). Con riferimento alle imprese artigiane, notiamo un tasso di crescita di + 0,35% (0,10% anno 2009) ed un saldo attivo di 294 imprese iscritte.
Palermo è la provincia siciliana dove si è registrato il tasso di crescita maggiore: il saldo è di 873 imprese in più, pari a una crescita dello 0,88%. Segue Siracusa che nel trimestre ha fatto un balzo dello 0,59%. Buona anche la performance di Ragusa che esce vincente dal confronto sulla nati-mortalità delle imprese con 198 imprese in più con un tasso di crescita di +0,58%.
Venendo ai dati della provincia di Catania, il terzo trimestre registra un saldo positivo, tra imprese nate e cessate, di ben 599 unità: specificatamente si sono avute 1.547 imprese registrate contro 948 cessate. L’indice di sviluppo imprenditoriale nel terzo trimestre è stato dello 0,59% grazie ad un tasso di natalità di 1,52% superiore al tasso di mortalità, fermatosi a 0,93%.
Motivi di fiducia anche se i campanelli di allarme non mancano. Nella provincia di Catania, nel periodo gennaio-settembre sono cessate 5.043 imprese. Nei vari settori che sono presenti nell’economia catanese, l’unico che ha registrato un tasso di crescita positivo nel terzo trimestre è stato quello delle costruzioni, con 91 imprese nate contro 79 cessate.
L’altro settore che cresce, ma più che un vero settore è una categoria di imprese, è quello delle imprese c.d. non classificate, ovvero quelle che, allo stato non risultano aver dichiarato l’inizio dell’attività. Di queste, nel terzo trimestre, si registrano 913 imprese nate, a fronte di 110 imprese cessate. Il segretario generale della Camera di Commercio di Catania, Alfio Pagliaro, in occasione della presentazione dei dati relativi alla provincia di Catania, ha spiegato che per quanto riguarda il numero di aziende che chiudono i battenti “potrebbe trattarsi di un modo per attendere che la crisi si attenui e che si presenti l’occasione giusta per trovare il buon affare. Oppure, e purtroppo, ci sono forti possibilità che si tratti di questo, siamo di fronte a imprese che si cancellano e si trasformano in inattive per eludere il fisco. Se così fosse, ci troveremmo a dei casi di “illegalità legalizzata”. Ed aggiunge il presidente della Camera di Commercio, Pietro Agen, che “i segnali di ripresa esistono, ma dobbiamo essere onesti: è solo un pizzico di ottimismo in una situazione che rimane ancora buia, anche se il secondo e terzo trimestre del 2010 disegnano un ulteriore miglioramento”.
L’indebitamento medio secondo i dati della Cgia di Mestre
Secondo la CGIA di Mestre, l’indebitamento medio di ciascuna impresa italiana ha toccato i 176.596 euro. In Sicilia, la realtà provinciale più “scoperta” è Siracusa, con un importo medio per azienda pari a 112.619 €. Segue Ragusa (89.107 € per azienda), Palermo (con 85.347 €), Messina (73.474 €). In termini percentuali, invece, l’aumento più sostenuto registrato nell’ultimo decennio spetta alla provincia di Ragusa (+133,8%), con un +5,2% nell’ultimo anno, al secondo posto si colloca Caltanissetta (+99,5%) ed al terzo posto Catania (+ 78,3%). Questi sono i principali risultati emersi dall’analisi condotta dall’Ufficio della CGIA di Mestre che ha osservato l’indebitamento delle società e quasi società non finanziarie e le cosiddette “famiglie produttrici”. Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre, ha dichiarato che “tra le tante ragioni che spiegano questa impennata un ruolo determinante l’ha avuto l’aumento dei ritardi nei pagamenti registrato in questi ultimi anni. Una operazione, quella effettuata da moltissimi committenti, che ha costretto tantissime piccole imprese a ricorrere a prestiti bancari per far fronte alle quotidiane scadenze di pagamento”.