Il traffico uccide più della mafia

PALERMO – Lo diceva persino il vecchio zio avvocato di Johnny Stecchino: la Sicilia agli occhi del mondo è offesa e umiliata a causa del suo “traffico” vorticoso e del numero di automobili che congestionano Palermo. L’ambigua battuta di Paolo Bonacelli, lo zio del film, sui drammi della sicilianità potrebbe trovare invece una sua dimensione reale, visto che il traffico, non solo quello metaforico della criminalità organizzata, ma anche quello automobilistico uccide a causa delle patologie legate alla produzione di polveri sottili. Così le città dell’Isola sono sempre nella zona retrocessione delle classifiche nazionali per la salubrità dei luoghi. Abbiamo indagato per scoprirne le cause tra piani urbani assenti e servizio pubblico di scarsa qualità.        
 
I tentativi di importare in Sicilia i modelli di mobilità sostenibile già ampiamente sperimentati altrove non hanno dato gli effetti sperati. Le iniziative sono state numerose, ma le conferenze, le targhe alterne, le simboliche giornate in bici, non sono servite a migliorare la salubrità delle principali città isolane, perché persiste l’assenza di programmi adeguati che comprendano investimenti seri per il trasporto cittadino e per la riduzione delle automobili.
In Sicilia il trasporto pubblico langue, le ferrovie sono in via di dismissione, mentre i comuni spesso non hanno il Piano urbano del traffico (obbligatorio per legge nei comuni con popolazione superiore ai 30 mila abitanti), oppure l’hanno ma solamente sulla carta. I risultati di queste pesanti assenze si riflettono sulla vivibilità delle città isolane, ma anche sulle pagelle di Bruxelles che tramite il ministero dell’Ambiente aveva già richiamato la Sicilia perché in alcune zone industriali dei comuni di Palermo, Catania, Messina e Siracusa, tra il 2005 e il 2006, erano state riscontrate concentrazioni di sostanze nocive notevolmente superiori a quelle indicati dalla normativa.  
Le prime avvisaglie erano già arrivate nell’ottobre scorso, quando il dossier Ecosistema Urbano 2010 presentato da Legambiente aveva piazzato Catania all’ultimo posto della classifica nazionale seguita a stretto giro dal resto delle città isolane. Tuttavia non si è trattato di una novità, perché da diversi anni dossier e rapporti fotografano il calo a picco della qualità della vita nei grandi centri siciliani. Proprio il tema della mobilità sostenibilità resta una delle sfide più complesse da affrontare, ma su questo punto i risultati sono davvero devastanti.
Gli ultimi dati annuali per diffusione di Pm10, aggiornati al 2009, piazzano Siracusa come regina nera d’Italia grazie ad un valore di 51,5 (media annua in microgrammi/mc), che supera persino Milano (45,0) e Napoli (45,7). Catania e Palermo non sono da meno, anche perché i due affollatissimi centri siciliani possono vantare il servizio pubblico più sgangherato della penisola: la media di viaggi/abitanti/anno peggiore ha casa in Sicilia con 76 a Catania e 44 a Palermo contro i 626 di Venezia e i 317 di Trieste. Anche Messina ribalta agli onori della cronaca perché completamente sprovvista di zone a traffico limitato.
Il problema principale resta ancora la qualità dell’aria, il cui miglioramento deve essere un obiettivo sensibile delle amministrazioni comunali perché interessa direttamente la salute dei cittadini. Gli ultimi dati 2010, presenti sul sito lamiaria.it di Legambiente, riportano come presso la stazione Di Blasi di Palermo si siano registrati 57 giorni di superamento (al 28/12/2010), e 32 alla stazione di piazza Stesicoro a Catania dove però il dato si ferma all’undici di novembre del 2010. La legge, il Decreto ministeriale 2 aprile 2002, n. 60, sancisce in 35 giorni il limite di superamento della soglia giornaliera. Le ragioni di questo stato di cose sono rintracciabili nell’ultimo rapporto Euromobilty che traccia una mappatura dell’Italia sostenibile attraverso un’indagine sulle principali 50 città italiane. Si comincia dal tasso di motorizzazione: Catania è la terza città d’Italia (indice oltre 70) e non è da meno Siracusa che supera abbondantemente i 60, contro una media europea pari a 46.
A preoccupare non è però solo l’esorbitante numero di auto, i siciliani notoriamente preferiscono di gran lunga il mezzo proprio piuttosto che spostarsi tramite mezzo pubblico, ma anche la qualità delle auto in circolazione. Catania è seconda soltanto a Napoli per vetture euro 0 in circolazione, pari al 28,8% sul totale, mentre a Milano sono un terzo in meno rispetto il totale. Il rapporto Euromobility inoltre incorona la città aretusea per il record di superamenti nel 2009, 309 giorni, per una media di 84 μg/m3. Molte auto inquinanti per un servizio di trasporto pubblico che di fatto non c’è. Messina (valore di poco superiore a 10) ha la più bassa media nazionale di vett*Km/abitanti, mentre Catania (poco inferiore a 40) e Palermo (intorno a 30) sono comunque anni luce distanti da Milano e Venezia (entrambe oltre 80). Così anche per il numero dei passeggeri i centri isolani si assestano nella fase medio bassa della classifica.
Questo sistema si collega ad un problema di gestione amministrativa nonostante la presenza di uffici d’area comunale a Catania, Messina, Siracusa e Palermo. I cosiddetti Put (Piano urbano del traffico) sono ancora lontani eppure imprescindibili per una corretta gestione del traffico, delle zone a traffico limitato e delle altre azioni che un’amministrazione responsabile dovrebbe effettuare per mantenere vivibile la propria città. Ma non è così semplice. A Catania Stancanelli, nel consueto bilancio del 2010, ha promesso che il Piano urbano del traffico e il Piano regolatore urbanistico saranno due obiettivi del prossimo anno, anche se sono attesi dal 1993 (l’anno di entrata in vigore del nuovo codice della strada), a Palermo un piano è stato presentato ad inizio 2010, ma si è ancora in attesa del suo completamento definitivo, mentre a Siracusa è stato presentato alla stampa lo scorso aprile.