CAGLIARI – È allarme rosso alla Keller Elettromeccanica di Villacidro per il ritardo da parte del ministero dello Sviluppo economico nella valutazione del piano industriale di rilancio dell’azienda, fermo negli uffici romani dallo scorso 5 luglio in attesa di esame. Se entro gennaio non dovessero arrivare risposte, si aprirebbe uno scenario destinato probabilmente alla serrata della fabbrica e alla perdita di oltre 300 posti di lavoro.
Il pericolo è stato nuovamente paventato due giorni fa a Cagliari durante l’incontro tra l’assessore regionale dell’Industria Oscar Cherchi, i vertici della Keller, le organizzazioni sindacali, la Sfirs, esponenti politici del Medio Campidano e rappresentanti di Confindustria e banche. L’azienda ha fatto presente che la produzione nello stabilimento di Villacidro, bloccata da circa un anno, potrebbe riprendere in tempi brevi se solo il ministero desse il via libera al piano industriale, che peraltro ha già avuto un parere tecnico favorevole. Le banche sarde e la Sfirs sono pronte a fornire liquidità alle casse societarie per consentire la ripartenza (sono già nel portafoglio aziendale commesse di carrozze ferroviarie per oltre 100 milioni di euro), ma l’erogazione dei fidi è subordinata al via libera ministeriale.
“Non stiamo chiedendo soldi pubblici a fondo perduto – hanno detto il direttore generale della Keller Marco Serpi e il direttore operativo Lorenzo Bono – Abbiamo dato come garanzie fidejussorie gli stabilimenti di Villacidro e di Carini in Sicilia, che valgono cinque volte tanto l’anticipazione di sette milioni chiesta agli istituti di credito. Ma il nostro piano industriale rimane fermo al ministero. Così si rischia di vanificare tutto perché l’azienda ha tempi da rispettare nelle consegne delle commesse e con i creditori e non può continuare a predere tempo prezioso”.
L’assessore Cherchi ha garantito il pieno sostegno della Regione Sardegna alla causa Keller e assicurato che saranno mossi i passi opportuni in sede politica. Appoggio incondizionato alla Keller anche da parte dei sindacati, preoccupati per i 300 lavoratori in cassa integrazione e per gli orizzonti cupi che si stanno stagliando sul futuro della fabbrica di carrozze ferroviarie, la prima industria metalmeccanica della Sardegna.