Siti nazionali a rischio tumore, confermati i quattro siciliani

PALERMO – Niente di nuovo sotto il sole. L’ultimo aggiornamento dei 44 siti italiani a rischio tumore per i residenti, pubblicato qualche giorno fa, lascia immutata la presenza dei quattro Sin (Siti di importanza nazionale) siciliani: Milazzo, Priolo, Gela e Biancavilla. Una mappatura che coincide, escludendo il caso di Biancavilla, con la distribuzione sul suolo regionale dell’industria petrolchimica, che da mezzo secolo, passando per differenti dinastie petrolifere ed energetiche, affligge luoghi e popolazioni.
L’ultimo aggiornamento dei Sin nazionali è stato realizzato nell’ambito del Progetto Sentieri, acronimo che sta per Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento. L’elenco è stato pubblicato dall’Associazione italiana di epidemiologia in allegato alla rivista ‘Epidemiologia e Prevenzione’ e vi hanno lavorato esperti dell’Istituto superiore di sanità, della sede di Roma dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Università La Sapienza.
I dati sulle conseguenze nefaste della presenza dei Sin nei pressi dei centri abitati non mancano affatto. La Sicilia, ad esempio, paga da decenni il suo pesante tributo in termini di vite umane, in virtù di quella che per tanti anni nelle aree petrolchimiche è stata la cosiddetta logica del ‘ricatto occupazionale’, ovvero investimenti e occupazione senza richieste esagerate sulla salubrità e sostenibilità ambientale degli impianti e delle loro emissioni che coinvolgono allo stesso tempo aria e acqua.
Il registro dei tumori di Gela testimonia in maniera ineccepibile quanto denunciato da associazioni e cittadini. In un incontro dello scorso dicembre sono stati presentati alcuni risultati che confermano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto di pericoloso si dice da tempo:  ben 4083 le diagnosi di tumore maligno nel quinquennio 2004-2008 con una media annuale di ben 816 casi. Risultati decisamente differenti rispetto il resto delle zone siciliane e italiane dove non insistono realtà industriali di quel genere. Secondo quanto dichiarato da Maurizio Cirignotta, presidente del Movimento Polo Oncologico di Gela, “dalle certificazioni di morte si evince invece che sono 618 i morti per tumore a Gela nel quadriennio 2004-2007 con una media annuale di 154 morti”. Una situazione facilmente traslabile anche agli siti isolani, dove studi autorevoli, dall’Oms alle Asl locali, continuano a registrare e denunciare valori tumorali eccessivi. E chiaramente nessuno pagherà mai per gli effetti prodotti dall’industrializzazione senza controllo: morti, malformazioni ed in generale effetti di lungo periodo sui cittadini, sui lavoratori e sull’ambiente.
Adesso però è arrivata una parziale svolta. La politica regionale che ha permesso lo scempio negli ultimi decenni, in una situazione a metà tra connivenza e genuflessione, sembra aver trovato stimoli adeguati per una reazione di orgoglio. Raffaele Lombardo ha più volte espresso la posizione della regione sul tema energetico ribadendo la volontà di ridurre progressivamente la presenza petrolchimica, anche in termini di produzione a livello regionale, per puntare sulle energie rinnovabili, microeolico e fotovoltaico in primis, così da lanciare uno sviluppo sostenibile ed occupazionale per l’Isola.