Due notizie hanno caratterizzato questi ultimi giorni. La prima riguarda i provvedimenti cautelari nei confronti di 36 dipendenti pubblici di Portici che definire fannulloni è poco. La seconda si riferisce alla dichiarazione del ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, il quale ha comunicato che metà di tutti i precari nazionali (ma essi sono solo da Roma in giù) risiedono in Sicilia.
La vicenda di Portici è una piccola punta di iceberg. Se i controlli fossero sistematici su tutti gli enti meridionali (Regioni, Province e Comuni) provvedimenti di tal genere sarebbero ripetuti a fotocopia. La Pa, infatti, è senza rotta e senza guida, non ha obiettivi effettivi da raggiungere, nessuno controlla se va verso tali obiettivi e in quale misura essi siano realizzati.
È chiaro che in questo marasma i furbi e i fannulloni la fanno quasi sempre franca e continuano a dare un esempio negativo a tutti gli altri dipendenti bravi e onesti.
Molto grave è l’accusa di Brunetta sulla massa enorme di precari che si trovano in Sicilia.
Ripetiamo per l’ennesima volta che i precari non sono vittime bensì privilegiati, perché si trovano nei posti di lavoro in quanto chiamati in seguito alla pressione dei loro padrini politici, i quali hanno inventato il precariato per dare sfogo al loro becero clientelismo. Un clientelismo che ha trovato “sviluppo” nella miriade di società a controllo, totale o parziale, pubblico.
In Italia ne sono state contate 5.128 per 7.651 enti (dati Unioncamere) ed esse danno sfogo ai carnivori consiglieri di amministrazione che sono 23.000 e che si mangiano due miliardi l’anno di compensi.
Una vergogna che in Sicilia è ridotta a un decimo. Ma un decimo di una vergogna è sempre una vergogna. Se la Regione siciliana dovesse immettere nei propri ranghi ancora ventimila nuovi dipendenti, il suo bilancio salterebbe. Ma anche il mantenimento dello status quo comporta un deficit di due miliardi che l’assessore regionale al Bilancio, Michele Cimino, non sa dove prendere, dato che il Governo si è imposto di non contrarre nuovi mutui.
Fino a quando le istituzioni regionali non entrano nell’ordine di idee di pagare e mantenere nei propri ruoli solo le figure professionali che servono, il bilancio sarà ingessato e nessuna manovra indirizzata ad investimenti ed innovazione potrà essere messa in programma.
Nel forum con il presidente dei siciliani, Raffaele Lombardo, pubblicato oggi, abbiamo percepito la difficoltà nell’affrontare questo problema, che ha anche risvolti umani e proviene da molto lontano. Le responsabilità sono multiple e appartengono a tutti i partiti. Ovviamente sono maggiori per i partiti che hanno governato la Sicilia, sia di centrosinistra che di centrodestra.
Ma c’è un modo strategico per risolvere il problema. Prendere il coraggio a due mani, rivolgendosi a tutte queste persone che hanno aspettative di essere collocate al sicuro, non tanto per lavorare quanto per prendere uno stipendio qualsivoglia. Si tratta di dire chiaro e tondo che la Regione ha un esubero di almeno cinquemila dipendenti a tempo indeterminato, anche per l’effetto dell’estensione dell’informatizzazione. Che è conseguentemente impossibile assumere altre persone o trasformare i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, anche per il divieto dell’articolo 49 della legge 133/08.
Di fronte all’urto di una tale dichiarazione, il Governo dovrebbe varare una serie di iniziative nel settore dell’energia, del turismo e dell’utilizzazione economica dei beni culturali, nonché un piano generale delle infrastrutture, più volte pubblicato su queste pagine, in modo da ottenere indirettamente l’assorbimento dei precari, i quali dovrebbero essere disponibili a percorsi formativi per renderli idonei alle necessità di mercato.
Come realizzare questa iniziativa è materia più volte trattata su questo foglio. Ma non è finita.