Come è strutturata l’organizzazione del contenzioso tributario?
“La nuova organizzazione del contenzioso tributario, introdotta nel 1992 con una legge delega che conferiva al Governo la possibilità di riformare la materia, si struttura su due livelli. Il livello di primo grado si svolge presso le commissioni Provinciali. Su tutto il territorio nazionale, presso ogni provincia, c’è una commissione Tributaria davanti alla quale affluiscono i ricorsi di primo grado, contestazioni del contribuente al fisco. In Sicilia sono nove. Poi c’è il grado di appello. Le sentenze delle commissioni Provinciali di primo grado possono essere appellate davanti alla commissione Tributaria regionale, presente una in ogni regione, di solito nel capoluogo. La commissione Tributaria regionale si articola in sezioni, talune sono interne, presenti nello stesso luogo dell’organo centrale, altre invece in sedi distaccate. È il caso delle regioni più grandi come la Sicilia e la Lombardia. Nella nostra Regione le sedi distaccate si trovano a Catania, Messina, Siracusa e Caltanissetta. Allo stato attuale, inoltre, funziona quale organo decentrato nelle commissioni Tributarie regionali, una struttura risalente al vecchio assetto, ovvero la commissione Centrale con il compito di smaltire il lavoro che aveva al momento della riforma”.
Come mai la commissione Centrale è ancora in funzione?
“Prima il contenzioso tributario si articolava su tre gradi. Esistevano le commissioni di Primo grado con dimensione distrettuale, collegate ai circondari dei Tribunali. C’erano le commissioni di Secondo grado collegate ai distretti della Corte d’Appello e una commissione Centrale con sede a Roma, alla quale affluivano i ricorsi per motivi di diritto. In sostanza, il cittadino aveva un duplice binario di tutela. Contro le decisioni di appello il contribuente poteva scegliere di rivolgersi alla commissione centrale, ovvero di presentare ricorso per Cassazione. Poiché la commissione Centrale, al momento della riforma, aveva un arretrato di parecchie decine di migliaia di ricorsi, il legislatore ha deciso di sopprimerla lasciando i due gradi con le commissioni Provinciali tributarie e Regionali. E per terminare il lavoro ha deciso di tenere la commissione Centrale come stralcio. Questa avrebbe dovuto esaurire i suoi compiti entro tempi stabiliti, ma ciò non è avvenuto, per cui con la legge finanziaria del 2007, ritenendo con ingegno di risolvere il problema, la commissione Centrale è stata decentrata presso le commissioni Tributarie regionali. A queste sezioni hanno rifilato tutto il carico di ricorsi pendenti alla commissione Centrale concernenti la regione di appartenenza”.
In Sicilia, qual è l’arretrato della Commissione decentrata rimasto dopo la riforma?
“La sezione destinata alla Sicilia ha ricevuto 15.184 ricorsi pendenti di arretrato, ma il numero è simile a quello di altre regioni, con l’impegno che avrebbe dovuto smaltire il lavoro entro la fine del 2012. Impegno che non potrà essere assolutamente osservato per la carenza di personale di assistenza. Infatti la Commissione ha potuto definire al 3 giugno 2010 soltanto 2.170 ricorsi”.
E in generale, qual è il carico di lavoro per il contenzioso tributario?
“La situazione è semplicemente allarmante. In realtà al 30 giugno 2010, per quanto riguarda la commissione Tributaria regionale, risultano depositati 6.760 ricorsi, mentre sono pendenti 14.125 e il numero dei ricorsi depositati rispetto all’anno precedente, al 2009, è di 26 unità in meno, pari allo 0,18%. Ma è un dato poco significativo, perché su 14.125 pratiche pendenti, ne sono state esaurite soltanto 4.557, con una giacenza di circa 10 mila controversie. E per quanto riguarda il primo grado la situazione è ancora più tragica. Sempre al 30 giungo 2010, nelle commissioni Provinciali tributarie della Sicilia risultano 55.118 controversie depositate e 152.454 pendenti. Ne sono state definite 36.827 con una giacenza di 115.627 ricorsi”.
“La normativa è spesso contradditoria, particolarmente adatta per creare contenziosi”
Perché i numeri dei ricorsi sono così alti?
“Alla base vi è un motivo strutturale, ovvero la legislazione del fisco. La normativa si sussegue, è spesso contradditoria, particolarmente adatta per creare contenziosi. Non si può regolare il rapporto tra il contribuente e l’amministrazione fiscale in maniera, come dire, estemporanea. Spesso, inoltre, si dà al contribuente la sensazione che il carico sia iniquo perché si procede con accertamento induttivo, con gli studi teorici di settore che incidono anche sulle occasioni di litigio”.
Quali sono gli altri motivi?
“Negli ultimi due anni abbiamo subito una riduzione di strutture e personale. Il precedente ordinamento prevedeva nella commissione Tributaria regionale 37 sezioni che con un decreto del 2010 sono state ridotte a 21. Nelle 37 sezioni erano previsti 222 componenti, anche se l’organico non era mai stato riempito, ma ora sono ridotti a 126. Ciò ha comportato una nuova organizzazione, che, addirittura, mi ha portato a congelare alcune sezioni perché non c’è nemmeno la possibilità di formare i collegi. Su 21 sezioni ne abbiamo attive una decina”.
E nelle commissioni Provinciali?
“La situazione è più grave. Con il decreto del 2010 sono state potenziate da 70 a 91 e i componenti da 420 a 546. Ma sono numeri su carta. Il carico rimane pesante, complessivamente i ricorsi pendenti nelle nove commissioni tributarie provinciali sono 152.454. E con le nuove riforme fiscali che andranno a regime la situazione sarà ancora più pesante”.
Alla politica non importa se la giustizia funziona
Perché immagina un’impennata dei contenziosi?
“Dal primo luglio, con il nuovo sistema di riscossione, l’accertamento, decorsi 60 giorni dalla formalizzazione, diventerà esecutivo. Questo comporterà la possibilità che il contribuente faccia ricorso e chieda la sospensione alla commissione Provinciale. Quindi ci aspettiamo un’impennata del lavoro. Inoltre, il nostro sistema è organizzato un modo assolutamente fuori dalla realtà, incentrato su una sorta di volontariato. Mentre tutte le altre giurisdizioni hanno giudici professionali, questa ha giudici provenienti da Amministrazioni pubbliche e giudici di diversa estrazione come avvocati, commercialisti, funzionari delle imposte con compensi assolutamente minimi ed erogati in ritardo. Tra l’altro i gettoni non vengono riconosciuti per le richieste di sospensione”.
Lo Stato ha creato un sistema per non farlo funzionare?
“Rispondo con l’esperienza maturata in 52 anni. Al potere pubblico e politico il funzionamento della giustizia non importa. Si fanno solo enunciazioni, in concreto nulla. Nel settore fiscale è anche peggio”.
Qual è la proposta?
Questa non è giustizia tributaria, è archeologia tributaria. Se si organizzasse una giustizia professionale anche in questo settore come in altri paesi, vedi la Francia, con un organico deputato solo a questo e stipendiato, lo Stato raggiungerebbe risultati notevoli, oltre all’efficienza. Inoltre, tra l’altro, si potrebbe potenziare il sistema del pre-cotenzioso giudiziario con una conciliazione preventiva, come avviene in Germania”.
Curriculum
Giorgio Giallombardo è nato a Palermo l’1/1/1937. Laureato in Giurisprudenza, è stato presidente di Commissioni di concorso e componente di vari organismi collegiali e consultivi presso pubbliche amministrazioni centrali e locali. È stato funzionario dell’Ufficio Studi della Camera di commercio e consigliere del ruolo tecnico dell’ufficio legislativo, e legale della Regione siciliana, per poi diventare nel 1974 magistrato amministrativo. Ha presieduto il Tar. Attualmente è presidente della commissione Tributaria regionale Sicilia.