PALERMO – Non basta la Regione Siciliana per salvare i pescatori siciliani: serve l’apporto anche dello Stato e dell’Unione Europea altrimenti il tracollo è già dietro l’angolo. Questione snocciolata nel corso di un incontro avuto tra il Distretto della Pesca e l’associazione Armatori e Pescatori a Lampedusa, uno dei territori a più alta vocazione per la pesca.
Nel corso dell’incontro sono state affrontate le tematiche inerenti il riposo biologico, il caro-gasolio, la valorizzazione del pescato e i sistemi dei trasporti e collegamenti. “La dichiarazione di stato di crisi della pesca deliberata dal governo regionale – ha dichiarato il Presidente del Distretto, Giovanni Tumbiolo -rappresenta un atto responsabile e doveroso da parte della Regione. Essa risponde alle pressanti richieste di tutte le organizzazioni professionali, datoriali e sindacali che da mesi, insieme all’assessore regionale D’Antrassi, hanno disegnato una strategia ed un percorso per tentare di portare fuori dalle sabbie mobili il comparto ittico siciliano che da troppi anni vive un lento ed inesorabile declino. Ne deriva – ha sottolineato Tumbiolo – la richiesta urgente allo Stato ed all’Unione Europea dell’innalzamento del tetto pro capite relativo agli aiuti in regime de minimis, tale da consentire alle imprese ed agli operatori siciliani l’accesso ai benefici previsti dal disegno di legge in materia di agricoltura e pesca già esitato positivamente dalle Commissioni Attività Produttive e Bilancio dell’Assemblea Regionale Siciliana”.
Infine, a margine dell’incontro, il sindaco di Lampedusa De Rubeis ha annunciato di aver adottato la delibera di giunta relativa agli aiuti straordinari ai pescatori di Lampedusa, contributi predisposti dal governo siciliano a seguito del blocco delle attività di pesca e del porto di Lampedusa causato dalla crisi umanitaria nel Mediterraneo. In Sicilia il settore della pesca è in ginocchio e la Regione proprio per questo è voluta correre ai ripari dichiarando lo stato di crisi. Nell’ultimo anno si sono persi circa 1.500 posti di lavoro. E così la giunta regionale ha richiesto interventi urgenti e mirati al governo nazionale.
La situazione, secondo quanto emerge dal Rapporto 2010 Pesca e Acquacoltura in Sicilia, redatto dal Comitato scientifico dell’Osservatorio Mediterraneo della Pesca, è drammatica. Dai dati emerge che a luglio 2010 in Sicilia risultano attivi 3.017 pescherecci, il cui tonnellaggio medio è di poco superiore alle 20 tonnellate. La diminuzione dei natanti è stata costante: più del 75 per cento degli oltre 1.500 pescherecci che si sono ritirati dall’attività negli ultimi 10 anni sono usciti nel periodo tra il 2000 e il 2005. I posti di lavoro persi nella filiera nell’ultimo triennio sono stati 4500. Inoltre, la riduzione del pescato siciliano dal 2009 ad oggi è stata di circa il 30 per cento. A ciò bisogna aggiungere una paradossale diminuzione dei prezzi alla banchina di molte specie, insieme all’aumento costante e vertiginoso dei costi di produzione.