Pensa che esista la possibilità, quindi, di inserire il Castello in un circuito ufficiale di visite?
“Si sta provando a collegare il castello con il percorso religioso di Santa Rosalia e non sarebbe fuori luogo. Infatti, il 70% del turismo è di tipo religioso e questo tipo di attività turistica non conosce stagioni, essendo costante nel tempo e presente tutto l’anno. In ogni caso, si sta cercando di aprire il Castello al turismo in genere”.
Questo successo nelle visite in quanto tempo è avvenuto?
“Nel triennio 2008/2011 sono stato scelto a presiedere il Cerisdi, ora mi è stata data conferma per un altro triennio, per cui è da due anni che si sono aperte le porte alle visite al Castello. A questo proposito si vorrebbe introdurre un biglietto d’ingresso di 5 euro con alcuni servizi annessi, in modo da ricavare da questo flusso di visitatori degli introiti che permettano la conservazione dell’area. Un esempio è offerto da Palazzo dei Normanni, dove il presidente dell’Assemblea regionale, Francesco Cascio, fa pagare un biglietto d’ingresso di 8 euro ai visitatori. Con questi fondi ricavati, si possono pagare i costi di gestione della Fondazione Federico II e i suoi 52 dipendenti. In realtà, oggi è necessario aprirci a tutte le possibilità cui si può ricorrere, dato che le risorse disponibili stanno diminuendo”.
È possibile realizzare un simile piano?
“Sì, l’associazione è privata e non pubblica. Alcuni dei suoi soci sono Fondazione “Banco di Sicilia”, il Formez, la Provincia di Palermo e la Regione che garantiscono la necessaria autonomia decisionale. È necessario trovare altre fonti di finanziamento e ci si sta lavorando”.
Qual è l’attività principale del Cerisdi?
“L’attività principale resta la formazione della classe dirigente siciliana in un’ottica mediterranea. In particolare, ci sono questi movimenti popolari che ci sono nella sponda nord dell’Africa che si affaccia nel Mediterraneo e questi costituiscono una risorsa, non un pericolo. Occorre, però, poter dimostrare di saper guidare questi movimenti verso la democrazia, in modo che ne deriverà un prestigio notevole e ne scaturiranno dei vantaggi economici e politici di prim’ordine. Se si deciderà di ritirarsi dal confronto, spinti dalla paura, si perderà un’occasione che non si ripresenterà più. Non esistono spazi vuoti nella realtà, poiché questo è, inevitabilmente, occupato da qualcun altro”.
È possibile far nascere, quindi, una nuova strategia mediterranea grazie alle vicende che investono il Nord Africa?
“In realtà, si perfeziona una strategia che punta al Mediterraneo, ma che non dimentichi l’Europa, dove i fondamenti della democrazia e di cultura hanno avuto origine. È questo il lavoro che si sta portando avanti”.