“Negozi di stranieri”, aumenta la fiducia

CATANIA – In molti Stati europei sono la norma, in Italia lo stanno diventando come si evince dalla percezione e dalle abitudini dai consumatori. Stiamo parlando degli esercizi commerciali gestiti da stranieri. Oggi, ogni 100 imprenditori impiegati nel commercio e nei servizi quasi 9 sono stranieri, per un numero complessivo che si aggira intorno ai 233 mila soggetti.
Secondo una indagine campionaria realizzata dalla Fondazione Leone Moressa, il 50,8 per cento degli italiani è entrato almeno una volta in uno di questi negozi. Le motivazioni sono tra le più variegate: la curiosità per il 41,5 per cento; la convenienza per il 24,3 per cento degli intervistati; la comodità in quanto più facilmente raggiungibili per il 14,8 per cento; la varietà di prodotti offerti per l’11,1 per cento; e gli orari più flessibili per l’8,2 per cento.
Sembra che questa tendenza sia ancora più diffusa al Nord, più ricco e quindi con più stranieri immigrati nel territorio. Nel Settentrione, infatti, il 54 per cento dei consumatori ha visitato almeno una volta un “negozio straniero”, mentre al Sud solo il 45,5 per cento. Si tratta perlopiù di attività operanti nel settore di vestiti/bigiotteria, ristoranti, bar, gastronomie (qui i kebabbari la fanno da padroni), internet point, centri di estetica, negozi di parrucchiera.
Un dato curioso emerso dall’indagine riguarda la percezione dei consumatori nei confronti di queste attività: per il 40,7 per cento sono uno svantaggio mentre la pensano diversamente il 17,4 per cento degli intervistati. Per questi ultimi, più emancipati, i “negozi stranieri” offrono prodotti e servizi a costi più vantaggiosi, senza dimenticare l’arricchimento culturale dovuto alla loro presenza, nonché il contributo che danno per un maggiore una competizione tra attività commerciali.