Da Province di apparato a Province consortili

PALERMO – Quella che doveva essere un’operazione semplice da eseguire, e cioè il taglio delle Province, perchè enti ritenuti costosi ed inutili, sta diventando invece un affare di stato di non poco conto. Questo evidentemente a dimostrazione che, quando lo Stato vuole operare dei tagli per risparmiare il denaro pubblico, interviene una forza “occulta”, che fa in modo che il tempo passi fra riunioni, audizioni senza fine, proposte in contrasto l’una con l’altra. Ieri sono stati ascoltati al Senato i rappresentanti delle province, presenti evidentemente anche quelli siciliani. Alla riunione c’era Giuseppe Castiglione, catanese, presidente della provincia di Catania e  presidente dell’Unione delle province Italiane. Il suo pensiero è noto: sì ai tagli, ma con criterio, anche perchè lo spreco non viene certo dalle province. Nel corso dell’audizione è stato richiesto di passare alle Regioni la competenza in materia di riordino del territorio delle province.
 
E mentre si discute di accorpare le Province di Enna e Caltanissetta proprio per risparmiare, potrebbe verificarsi la istituzione di una nuova provincia: quella del Golfo di Gela. Il comitato ha raccolto le ventimila firme di presentazione e dispone del numero di abitanti voluto dalla legge: Gela, Piazza Armerina, Riesi, Niscemi, Licata e Butera vogliono stare insieme separando la loro sorte dalle province cui appartengono, e cioè Agrigento, Enna e Caltanissetta. Queste ultime – Caltanissetta ed Enna – dovrebbero accorparsi secondo il decreto del Governo che prevede l’abolizione delle province con un numero di abitanti inferiore a 300 mila ed un’estensione inferiore a 30 chilometri.
Sebbene la competenza sugli enti locali spetti, in via esclusiva, alla Regione siciliana, un eventuale ricorso alla Consulta potrebbe non essere accolto se dovessero prevalere rilievi di necessità del provvedimento, cioè un prevalente interesse nazionale. La proposta di legge della Provincia del Golfo di Gela, invece, non potrebbe in alcun modo essere ostacolata sul piano della legittimità, perché nascerebbe sulla base di una normativa che ha avuto la benedizione del commissario dello Stato attualmente vigente, seppure finora non utilizzata. Secondo il Governo regionale la strada percorribile è dunque una sola, quella dell’abolizione delle province in Sicilia e la nascita di nuovi enti intermedi, i liberi Consorzi previsti dallo Statuto siciliano attuati fittiziamente con una legge regionale del 1986 che ha sostanzialmente lasciato le cose come stanno, aggiungendo “regionale” alle province create all’inizio del secolo.
I liberi consorzi, per Raffaele Lombardo, dovrebbero essere amministrati dai sindaci (o loro delegati) dei comuni “liberamente” associati con un risparmio di costi “politici” di notevole entità.
Intanto le Regioni sono pronte a ricorrere alla Corte Costituzionale se il governo non togliera’ dalla manovra gli articoli che riguardano le autonomie locali. La Conferenza delle Regioni, ha chiesto che siano “stralciate integralmente le norme contenute negli articoli 14,15 e 16 del provvedimento perchè incostituzionali. In caso contrario – ha aggiunto – siamo pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale”.