PALERMO – I numeri sono finestre sul mondo. Si comportano da veri e propri rivelatori di dinamiche sociali. Leggerli ed interpretarli equivale a fotografare la realtà e ci permette di capire più a fondo la società in cui viviamo. È il caso dei dati ufficiali forniti dall’Inps e che si riferiscono al numero di congedi parentali richiesti nel 2010.
Prima di scendere nei dettagli vediamo la situazione generale: 272mila è il numero di dipendenti in congedo parentale nel settore privato. Il trend nazionale è in aumento poiché è stato registrato tra il 2005 ed il 2010 un incremento delle richieste pari al 34%. La fascia d’età più rappresentata è quella
Che va dai 35 ai 39 anni (nel 2005, invece, il 41% dei richiedenti aveva tra i 30 ed i 34 anni di età).
Ma vediamo adesso di fotografare la situazione a livello regionale. In vetta alla classifica troviamo la Lombardia che registra un vero e proprio boom di richieste: 70.433. Si tratta di un dato significativo, in crescita del 31% rispetto a cinque anni prima. Dunque, in Italia è in calo il numero delle nascite ma dal 2005 ad oggi, le richieste di congedo parentale sono aumentate di oltre un terzo. Perché? Prima di rispondere alla domanda, è giusto sottolineare che quella appena evidenziata non è né l’unica anomalia rilevata, né tanto meno la più clamorosa.
La Sicilia ha visto un numero di richieste di congedo parentale pari a 7.138. Se da un lato la nostra regione risulta la seconda del Mezzogiorno (dopo la Campania con 7.947), dall’altro il numero di richieste risulta irrilevante se prendiamo come riferimento la regione Piemonte che conta praticamente lo stesso numero di abitanti (poco meno di 5 milioni ma un numero di richieste di congedo parentale pari a 23.548.
Abbiamo chiesto a Francesco Paolo Bevilaqua, direttore Inps di Trapani, di commentare queste “anomalie”: “Credo che dietro questi numeri – ha spiegato Bevilacqua – ci siano fatti sociali abbastanza scontati che riguardano principalmente la disoccupazione e la presenza massiccia nella nostra regione e, più in generale al Sud, del fenomeno legato al lavoro nero che naturalmente gioca nettamente a sfavore della tutela dei diritti dei neogenitori”.
Se si intersecano tutti questi dati – aggiunge – è facile anche capire come mai, sia in Sicilia che in Campania si sia registrato un vero e proprio boom di richieste da parte dei nonni di assegni familiari ai nipoti, qualora si dimostri che il figlio-genitore è disoccupato. Un fenomeno, questo, che non ha motivo di diffondersi nelle regioni del Nord in virtù di percentuali nettamente inferiori di disoccupazione e lavoro nero”.
La normativa. Tutela e sostegno di maternità e paternità
Il congedo parentale, regolato dal Dlgs 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità), stabilisce che il lavoratore possa astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del figlio, percependo dall’ente previdenziale un’indennità commisurata a una parte della retribuzione (il 30%).
Hanno diritto al congedo parentale i dipendenti titolari di uno o più rapporti di lavoro in atto e le lavoratrici madri autonome. L’astensione facoltativa dal lavoro è possibile per entrambi i genitori simultaneamente.
Il congedo parentale non può superare i dieci mesi. Se però il padre fruisce del congedo parentale per almeno tre mesi, il periodo complessivo dei congedi per entrambi i genitori è elevato a 11 mesi (art. 32). Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto. Il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni. Il numero di giornate previsto per tale tipologia di assenza è da computare separatamente rispetto al limite dei permessi retribuiti e delle assenze per malattia.