PALERMO – Le imprese siciliane vedono sempre di più il rischio dell’usura. Anzi, a guardare i dati statistici dell’ultima ricerca effettuata dalla Cgia di Mestre su scala nazionale, sembra proprio che l’imprenditore siciliano abbia molte probabilità di finire nel giro della criminalità organizzata.
A influire una serie di fattori: la sempre più forte stretta creditizia da parte delle banche, gli incentivi che languono in questo momento di difficoltà finanziarie, la crisi internazionale ed anche un po’ la cultura siciliana che ha sempre guardato con una certa larghezza di vedute la legalità.
La Sicilia è la quarta regione che oggi è più a rischio di usura in Italia dopo Campania, Calabria e Puglia. A Nordest, invece, l’area meno interessata, o quasi, da questo pericolo. Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Veneto e il Trentino Alto Adige infatti, sono tra le regioni italiane quelle meno interessate dalla piaga dello “strozzinaggio”.
Il responso giunge dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre sulla base di un’elaborazione in cui sono stati messi a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2008 quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze e impieghi registrati negli istituti di credito.
In pratica è stato individuato l’indice del rischio usura attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli al diffondersi dello strozzinaggio. “Dimensionare l’usura o le estorsioni solo attraverso il numero di denunce – commenta il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi – non è molto attendibile, perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ma quello che forse pochi sanno sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni”.
Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indicatore si evince che nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti la situazione è decisamente a rischio. Rispetto ad un indicatore nazionale medio stabilito dagli esperti dell’associazione artigiani mestrina pari a 100, il tasso di usura rilevato in Sicilia è pari a 143, cioè il 43 per cento in più rispetto alla media italiana.
Recentemente l’Associazione Contribuenti Italiani, attraverso il suo Sportello Antiusura, aveva già lanciato l’allarme mettendo in risalto che nell’Isola si riscontra un sovra indebitamento delle famiglie e delle piccole imprese. A rischio in Sicilia sono state definite oltre 260 mila imprese, cioè più del 50 per cento di quelle operanti.
Il confronto con le altre regioni: Trentino isola felice
Dando una sguardo alle altre regioni alla Campania spetta la maglia nera: il suo indicatore è pari a 173 (il 73% in più della media Italia), seguita da in Calabria 161 (61 per cento in più rispetto la media Italia) e Puglia 144 (44 per cento in più della media Italia). Mentre sul podio degli “intoccabili” dagli strozzini o quasi, stanno il Trentino Alto Adige con un indice di rischio usura pari a 50 (50 per cento in meno della media nazionale), seguito dalla Valle d’Aosta con 61 (39 per cento in meno della media Italia), dal Veneto con 66 (34 per cento in meno della media Italia) e dall’Emilia Romagna con 68 (32 per cento in meno del dato medio Italia). Se, invece, si analizza il dato nudo e crudo delle denunce per usura registrate nel 2007 (purtroppo ultimo dato disponibile a livello territoriale) con 1,79 denunce ogni mila abitanti è il Molise a guidare la classifica. Segue la Campania con 1,52 ogni 100 mila abitanti. Per quanto concerne le estorsioni, invece, è la Campania a svettare in cima alla graduatoria con 25,67 denunce ogni 100 mila abitanti. Segue la Calabria con 22,02 sempre ogni 100 mila abitanti. (mg)