Da 150 anni il Credito penalizza il Sud

PALERMO – Anche Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nel centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, ha voluto celebrare l’anniversario nazionale; lo ha fatto, tra le diverse iniziative, dedicando un intero capitolo del rapporto annuale ad una riflessione sulle trasformazioni del sistema bancario lungo questi 150 anni.
La Svimez si domanda se il sistema di credito si sia dimostrato funzionale allo sviluppo dell’economia meridionale e all’attenuazione dei divari, o se, al contrario, si sia rilevato inadeguato.
Le conclusioni di Svimez sono che nonostante il consolidamento del sistema bancario esso si è rilevato poco funzionale alle esigenze del sistema produttivo meridionale. In un excursus storico che va dalla formazioni del moderno sistema bancario all’indomani dell’Unità d’Italia sino ai giorni nostri, Svimez dimostra come il rilancio della crescita del Mezzogiorno assume un rilievo centrale per il rilancio dell’intero sistema economico nazionale.
Si dovrà attendere  i primi anni ’90, dopo l’Unità, per vedere i primi effetti del processo di industrializzazione; poco prima la moneta metallica rappresentava ancora il 90% del contante in circolazione. Il Pil, tra il 1861 e il ’90, era cresciuto solo dell’0,8 % annuo,  senza particolari differenze tra Nord e Sud (0,9% Centro-Nord, 0,7 Mezzogiorno).
Il rapporto evidenzia come, tra crisi bancarie dei piccoli istituti e scandali amministrativi, gli istituti di emissione si sono ridotti da 6 a 3: Banco di Napoli, Banco di Sicilia e Banca d’Italia. Solo a partire dal 1894 sono nate le prime banche miste: Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano che giocheranno un ruolo strategico nello sviluppo del triangolo industriale e determineranno il divario tra Nord e Sud; si pensi infatti che tra il 1908 e il 1914 il Pil cresce al Centro-Nord dell’1,4% e al Sud dello 0,4%, mentre nel settentrione il rapporto tra impieghi e depositi sale, nel Mezzogiorno scende dal 112,4% al 66,2%. Lo sforzo bellico della Grande Guerra accentua il divario: nel 1914 il prodotto pro-capite del Sud è pari al 78,6% di quello del Centro-Nord e nel 1978 scende al 73,7%, ed il rapporto impieghi/depositi negli anni ’20 si riduce al 49,7% contro 83,5% nelle stesse aree.
Gli interventi normativi del 1926 decretano che la Banca d’Italia è l’unico istituto di emissione e Banco di Sicilia e Banco di Napoli perdono l’emissioni riducendosi a istituti di credito di diritto pubblico, si favorisce così un aumento della dimensione media delle aziende di credito misurata dal numero di sportelli per banca che passa nel centro-Nord, tra il 1936 e il ’39, da 4,2 a 4,5 e nel Sud da 2,9 a 3,4 sportelli (tabella 1).
Alla vigilia della seconda guerra mondiale il divario tra le due aree del Paese sul prodotto pro capite si amplia ancora arrivando al 55,5%. Nel 1950 si registra l’intervento straordinario dello Stato con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno. I vari avvenimenti di quegli anni videro anche il ruolo delle imprese a partecipazione statale nel Mezzogiorno con una serie di investimenti che sovvertirono la tendenza all’ampliamento del divario tra Nord e Sud sul prodotto pro-capite con un grande recupero che terminerà intorno agli anni ’70, periodo in cui iniziano gli interventi della politica a carattere assistenziale.