Agricoltura, i tagli dell’Ue non aiutano l’Isola

PALERMO – Nell’ultimo quinquennio persi all’incirca 60 mila posti di lavoro in Sicilia nel settore dell’agricoltura, tra diretti e indotto. Dati alla mano tutte le organizzazioni di categoria snocciolano questi segnali gravissimi per l’economia siciliana e per il mercato del lavoro dell’isola, sempre più provato da questa crisi che pare non avere trovato ancora la fine del tunnel.
L’Inps, l’istituto nazionale di previdenza sociale, ha fornito gli ultimi dati che sono davvero preoccupanti. Soltanto le domande di disoccupazione ordinaria nel settore sono aumentate nell’ultimo anno censito del 50 per cento, si è quindi arrivati a 30 mila soggetti che usufruiscono dell’indennità di disoccupazione. Una vera ecatombe e quel che è peggio è che in prospettiva non sembra che ci saranno sotto questo aspetto dei miglioramenti. Infatti proprio la Sicilia perderà parte dei contributi a lei destinati: cifra non ancora stimata con esattezza nell’ambito della nuova Pac, la politica agricola comunitaria.
Così è stato deciso e cioè che gli agricoltori europei, e in particolare nel territorio italiano, che beneficiano del livello di aiuti più elevati per i produttori nell’Ue, dovranno essere solidali con i nuovi partner destinando loro una parte dei contributi.
Dal 2013 al 2020 arriveranno 285 milioni di euro l’anno in meno ma al momento non è dato sapere a quanto ammonterà nello specifico il taglio per la Sicilia. Difficile potere quindi fare delle proiezioni e quanto la Sicilia ad oggi subirà da questo provvedimento: “Dovremo andare prima di tutto – dice Giovanni La Via, relatore per il Parlamento europeo sugli aspetti finanziari della Pac – a capire materialmente la quantificazione dell’intera manovra economica delle risorse in bilancio che verranno destinate alla Pac. Il prossimo passo sarà quello di definire il prossimo Quadro finanziario Pluriennale. Solo in questo modo potremo arrivare ad una conclusione e tracciare quindi una migliore elaborazione per rendere la Pac più efficace per la Sicilia e l’intera Unione Europea”.
La cosa che appare anche abbastanza certa è che sicuramente l’agricoltura non potrà giovarne da tutto ciò, a prescindere dall’ammontare del taglio. Stando così le cose non si potrà fare più di ciò che si è riuscito a realizzare gli anni scorsi e ciò si tramuterà quasi certamente in nuove perdite di posti di lavoro dal momento che c’è stato un enorme calo di produzione anche nel comparto della vitivinicoltura, che poi è quello più redditizio: la Cia siciliana, la confederazione italiana degli agricoltori, parla di una diminuzione che si aggira attorno al 50 per cento.
“L’importante per risollevare le sorti del mercato del lavoro agricolo – aggiunge La Via – è puntare a conquistare nell’imminente programmazione un’aliquota del bilancio dell’Unione Europea che sia all’altezza dei fabbisogni della Sicilia. Certamente molto dipende da questa quota: se si riesce a trovare la strada giusta si può risollevare lo sviluppo rurale di vaste aree con garanzie di produzione per gli agricoltori”.
 

 
L’approfondimento. Un campanello d’allarme per i lavoratori
 
Intanto arriva un forte campanello d’allarme per la perdita di posti di lavoro nelle imprese agricole. Infatti la disoccupazione in agricoltura aumenta. Secondo i dati diffusi dall’Istat per il secondo trimestre 2011, a livello nazionale l’occupazione è cresciuta dello 0,4% (+87 mila unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma in agricoltura sono andati in fumo 40 mila posti, ovvero il 4,6 per cento degli occupati. Di questi ne sono stati persi all’incirca il 15 per cento in Sicilia, cioè vale a dire 6 mila posti di lavoro. Un calo che, a giudizio di Confagricoltura, è un forte campanello d’allarme per la tenuta dell’agroalimentare made in Italy. La perdita di posti di lavoro è sintomatica di un settore con caratteristiche anticicliche, che ha sopportato il peso della crisi fino ad oggi, riuscendo nel contempo a creare lavoro, ma che ora non può più, com’è successo sinora, fare da argine alle difficoltà della congiuntura attuale. E’ quindi assolutamente necessario ed urgente che per l’agricoltura siano varate misure di sviluppo al pari di quelle che sono in cantiere per gli altri settori dell’economia. La tenaglia di costi alti e prezzi infimi stritola le imprese del settore primario e le conseguenze si vedono.