UniCt, anche a Chimica c’è il pericolo “chimico”

I problemi alla cittadella universitaria catanese, sembrano davvero non aver mai fine. Questa volta parliamo di Chimica, precisamente del corpo D (edificio 1) che sarebbe affetto da contaminazioni di rifiuti speciali. Come ci spiega Matteo Iannitti del Movimento studentesco catanese: “L’edificio della facoltà di Chimica fino al 2011 non era agganciato alla rete delle acque nere, quindi veniva tutto scaricato al mare”.

“Fino agli anni novanta – continua – hanno denunciato molti degli studenti dell’epoca, a Chimica il meccanismo dello scarico dei rifiuti tossici era illegale, molto simile a quanto avveniva nella facoltà di Farmacia. Questo avveniva sia per negligenza, sia perché le normative non erano affatto chiare. E queste sostanze sarebbero dunque oggi riversate sul terreno sottostante la struttura”.

L’inquinamento del sottosuolo è confermato dall’architetto Daniele Leonardi Responsabile Lavoratori dell’Ateneo. A partire dall’ottobre 2009 si svolgono alcune campagne di indagine all’interno dell’Edificio 1 corpo D per valutarne il potenziale inquinamento. Nella prima campagna vengono analizzati i pozzetti, nei quali vengono trovati “residui molto pesanti e quantità rilevanti di sostanze come zinco, piombo, cadmio etc”.
E considerando che negli anni lo stabile è stato costantemente oggetto di allagamenti il rischio è che tutte queste sostanze risalgano su. Gli allagamenti in questione dipendono in caso di forti piogge dalla pendenza della strada e del cortile antistante, e dall’altro, dalla risalita all’interno delle tubature degli scarichi, i quali, a causa dell’eccessiva acqua, non riescono a defluire regolarmente.
“Dato che l’edificio di Chimica subisce degli allagamenti ed è comprovata la contaminazione del suo sottosuolo – conclude Iannitti – noi chiediamo all’Ateneo se l’acqua che risale è pulita o porta con sé tali sostanze. E allora quali sono le conseguenze per la salute degli studenti? Rimane da chiedersi perché l’edificio resti aperto e non si stia ancora provvedendo alla messa in sicurezza ed alla decontaminazione dell’intera area. Sarebbe una scelta razionalmente più efficace per la salvaguardia delle persone e dell’ambiente rispetto agli interventi tampone finora adottati. Ora tocca all’Università intervenire”.