Palermo – Risorse culturali, “saper fare” e conoscenze scientifiche sono le opportunità che le città meridionali devono utilizzare per uscire dalla crisi. Dei “tesori” del Mezzogiorno si è discusso lunedì, a Palermo, alla presentazione del rapporto 2011 della Fondazione Res, dal titolo “La nuova occasione. Città e risorse locali in Sicilia e nel Mezzogiorno”. Lo studio di Paola Casavola e del presidente Carlo Trigilia, è stato illustrato nella sede della Società Siciliana per la Storia Patria. Sono state esaminate tre risorse locali: dotazioni culturali e naturali, conoscenze scientifiche “inglobate in università e centri di ricerca”, saper fare legato a specializzazioni produttive consolidate. Risorse “spesso evocate – sostengono gli autori – come il principale capitale mobilitabile di cui disponiamo come Paese per far crescere attività economiche competitive”.
Ha detto Giovanni Puglisi, presidente della Fondazione Banco di Sicilia: “Questo rapporto, focalizzato sulle città e sulle risorse locali, è strutturato secondo tre direttrici che sono dotazioni culturali e naturali, conoscenze scientifiche e saper fare di lungo periodo. Parametri che vanno intrisi da un parametro trasversale, quello della sostenibilità dello sviluppo”.
Questi i principali risultati emersi: nel Mezzogiorno spesso le città siciliane hanno rispetto al Centro-Nord “casi di dotazione particolarmente elevata” per “risorse culturali-naturali” e per il “saper fare legato all’agricoltura”. Ma le città meridionali sono “più sfavorite” per conoscenze scientifiche”, e ancor di più per il saper fare nel settore manifatturiero e dei servizi alle imprese. Differenti le performance sulle risorse culturali-naturali in Sicilia: “Ragusa e Agrigento hanno una dotazione più bassa di Palermo, ma hanno una capacita di attivazione nettamente più alta”.
L’analisi della “conoscenza scientifica” ha interessato le 49 città d’Italia sedi di università o del Cnr. Per qualità della ricerca, la dotazione media del Sud è “minore”, anche se “molte città hanno una dotazione comparabile o superiore alle città del Centro-Nord”. E’ “piuttosto netta” la differenza in Sicilia, “Catania, pur avendo un livello di dotazione più basso di Palermo – si legge nel rapporto – registra un’attivazione delle risorse di conoscenza scientifica ben più alta” e il “fenomeno – seppure in misura più modesta – caratterizza anche Messina”.
Il Rapporto mette in luce anche “l’influenza del sistema produttivo locale e della domanda delle imprese nel processo di valorizzazione delle conoscenze scientifiche presenti nelle città”.
Molte città siciliane condividono con altre del Mezzogiorno una “forte specializzazione agricola”. Ragusa è tra le migliori in ambito nazionale.
"Siamo in presenza di una nuova occasione per il Paese, ma anche per il Mezzogiorno e la Sicilia. I cambiamenti nei mercati creano spazi crescenti per una intelligente valorizzazione del patrimonio ambientale-storico-artistico, per le conoscenze scientifiche e per il saper fare diffuso legato ad antiche vocazioni produttive di lungo periodo. L’occasione non sarà però colta senza un ruolo più attivo delle città che devono funzionare da ‘trasformatori’ delle risorse potenziali in concrete occasioni di sviluppo”, ha affermato il presidente della Fondazione Res, Carlo Trigilia.
Per Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit: “la Sicilia ha un potenziale straordinario in patrimonio culturale e attività, ma manca l’elemento ‘leva’ per raggiungere il livello delle città del Nord. Come banca abbiamo lanciato il piano industriale e identificato cinque direttrici su cui riteniamo molto elevato il potenziale di rilancio del territorio siciliano. Si tratta di internazionalizzazione, integrazione, intesa come allargamento delle imprese, innovazione, infrastrutture e irrobustimento del capitale d’impresa”.