Catania – “Promozioni facili” per 1.800 e danno erariale da 18 milioni

CATANIA – Un presunto danno erariale per il Comune calcolato in circa 18 milioni di euro. Sarebbero costate tanto, per la Procura etnea, le cosiddette “promozioni facili” dell’era Scapagnini, indagato, insieme all’allora vice sindaco, e attuale Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, insieme a Carmelo Reale, assessore al Personale all’apoca dei fatti. I reati ipotizzati dal pm Alessandra Chiavegatti, dopo due anni di indagini, sono abuso d’ufficio e falso per le promozioni verticali e di massa di cui avrebbero beneficiato "1.800 dipendenti", come riportato nell’avviso firmato dal pubblico ministero, con “il vantaggio ingiusto di farli accedere alla categoria superiore o a posizioni stipendiali riservate a progressioni orizonatali (passaggi di categoria), con un aumento retributivo tale da cagionare nel complesso un consistente danno patrimoniale all’Ente, quantificabile in circa 18 milioni di euro complessivi di aggravio di spesa per gli esercizi finanziari dal 2004 al 2008".
Tra gli indagati, oltre sindaco, vicesindaco e assessore, gli ex ragionieri generali Vincenzo Castorina e Francesco Bruno, e alcuni dirigenti "ciascuno nelle rispettive funzioni, anche inducendo in errore circa la legittimità del provvedimento i restanti membri della Giunta”, si legge ancora nell’avviso. Insomma, le promozioni di massa, oltre a pesare in termini di stipendio, sarebbero ricadute sull’intero sistema organizzativo del Comune, causando problemi di gestione e, conseguentemente, il danno erariale.
“Se fossero confermate le ipotesi di reato sulle 1.800 promozioni verticali di massa al Comune di Catania ci troveremmo di fronte a un altro comportamento ambiguo tenuto dal  presidente della Regione quando era vice sindaco del Comune di Catania e da tutta la Giunta allora in carica” ha affermato il capogruppo del Partito democratico a Palazzo degli Elefanti, Saro D’Agata, durante l’ultimo Consiglio comunale.
“Gli atti dell’indagine –  ha aggiunto – rivelano un malaffare teso a creare clientele e tornaconti elettorali che avrebbero procurato un gravissimo danno erariale e che mal si conciliano con una seria e accorta amministrazione della Cosa pubblica. Comportamenti che, anche se non saranno penalmente perseguibili, sono moralmente incompatibili con il nostro modo di intendere la politica”.