CALTANISSETTA – La Procura generale nissena ha chiesto alla Corte d’Assise d’appello la conferma della condanna a dieci anni per il collaboratore di giustizia Fabio Tranchina e la pena di 10 anni e 4 mesi per il falso pentito Salvatore Candura, imputati nel quarto processo per la strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992.
Tranchina risponde di strage per il ruolo avuto nella preparazione dell’attentato, mentre Candura è accusato di calunnia per le false dichiarazioni rese nel corso delle indagini successive alla strage.
A prendere la parola per primo il procuratore generale di Caltanissetta Santi Consolo che, nel corso del suo intervento, ha affermato che si tratta di una vicenda gravissima sulla quale il Paese avrebbe avuto bisogno di verità immediate, e più passa il tempo più diventa difficile ricostruire il puzzle probatorio. Un nuovo errore non sarebbe più sopportabile.
Subito dopo è intervenuto il sostituto della Procura generale nissena, Antonino Patti, che soffermandosi sulla posizione di Candura ha riferito di come questi racconti di avere subito pressioni anche dall’ex capo della Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, per raccontare la versione dei fatti poi fornita, ma lui si ravvide solo nel 2009, sette anni dopo la morte di quest’ultimo. E anche dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, le cui dichiarazioni hanno fatto piena luce sull’accaduto, la Procura nissena ha dovuto sudare per convincerlo a raccontare la verità.