Antichi mestieri rivivono nelle statuette per una tradizione molto radicata in Sicilia

PALERMO – Mancano oramai pochi giorni al Natale e le città si vestono a festa: canti, colori, mercatini, dolci tipici, scambi di auguri e doni, sono solo alcuni dei tanti simboli che fanno rivivere l’atmosfera più bella dell’anno. Diverse le tradizioni, sociali e religiose che in questo periodo si possono riscontrare da paese a paese.
Tra i costumi, le pratiche e i simboli familiari del Natale, i più caratteristici sono: il presepe, l’albero natalizio, la figura di babbo natale, il calendario dell’avvento. Il presepe in particolare, derivato da rappresentazioni medievali che la tradizione fa risalire a San Francesco d’Assisi, è una ricostruzione figurativa della natività di Gesù particolarmente radicata nel nostro Paese.
Se in Italia è più conosciuto il presepe “napoletano” tipico con i suoi pastori in terracotta, non meno significativo è quello siciliano, realizzato con l’aggiunta di prodotti tipici siciliani come rami d’arancio e di mandarino sul quale si utilizzano diversi materiali altrettanto tipici, come la ceramica, il corallo, la madreperla e l’alabastro. C’è chi poi ama dare un tocco di originalità sfruttando la rappresentazione dell’Etna fatta di cartapesta o semplice “carta roccia” che erge tra casette, grotte e capanne.
Tanti e particolari quindi i presepi che si possono ammirare nella nostra regione: da quelli tradizionali e “fatti in casa” che si tramandano da generazione in generazione a quelli “viventi”, dove gli abitanti accompagnati da canti e suono di zampogne, inscenano antichi mestieri. Il più antico di questi è quello di Custonaci, in provincia di Trapani, all’interno della grotta di Mangiapane. A Longi, in provincia di Messina, i presepi sono accompagnati da canti dialettali natalizi o da suoni di strumenti antichi come la zampogna “a chiave” utilizzata a Monreale, o quella “a paio” suonata a Licata.
è ad Erice invece che l’antica arte dei suonatori coinvolge zampognari di tutta Italia nel corso della manifestazione “la Zampogna d’Oro”. Nel paese della ceramica, Caltagirone, i presepi vengono realizzati tenendo conto dell’attività artigianale locale. Diverse le rappresentazioni di “bambinelli”, modellati da antichi “santari” e “pasturari”, costituiti da cera e scafferate (riproduzioni sulla natività) esposti tutto l’anno sui vetri di chiese o cripte. Pregiati quelli di Noto nella cripta dei Cappuccini e sulla scala di Santa Maria del Monte e quello di Ispica nella Chiesa della Santissima Annunziata.
A Catania esiste un presepe i cui personaggi sono realizzati con una “pastiglia” particolare e rivestiti di pittura resinosa; mentre ad Acireale, suggestivo è il presepe settecentesco costituito da una trentina di personaggi di grandezza naturale posti dentro una grotta lavica.
Alla classicità a volte si accosta anche la modernità. È il caso della mostra dei presepi artistici e delle sculture di Santo Paolo Guccione di Recalmuto, in provincia di Agrigento, in cui la natività si lega ai classici greci e ai materiali di riciclo, un modo per fondere sacro e profano.
In Sicilia è possibile ammirare la tradizione locale dei presepi fino al 6 gennaio quando le feste si chiudono con la celebrazione dell’Epifania.
 


Il significato. Il passato di una terra rurale e contadina
 
PALERMO – In Sicilia, il presepe non sta a simboleggiare la sola rappresentazione della Natività, ma anche il passato di una terra rurale e contadina colma di tradizioni tra antichi mestieri, figure tipiche e luoghi caratteristici. Tra i più suggestivi ricordiamo i presepi di Ispica e Noto che sfruttano l’ambiente rupestre delle cave iblee; quelli cittadini, in quartieri antichi come nel caso di Caltagirone, di Monterosso Almo, di Agira e quelli che sorgono in borghi medievali come a Montalbano Elicona o a Forza D’Agrò. Tra gli antichi personaggi rievocati nei presepi (soprattutto in quelli viventi), oltre al tipico  “campagnolu” (contadino), non manca Jnnaru (il vecchietto che si scalda nel fuoco), u “ricuttaru” (il ricottaio), “u firraru” (il fabbro), “u putiaru” (l’oste) e ancora massaie e lavandaie che richiamano gli antichi mestieri dell’artigianato e dei prodotti locali pronti ad offrire al visitatore un piacevole viaggio a ritroso nel tempo, fatto di canti, sapori, gesti e usanze.