Raffinerie, resta solo l’inquinamento

PALERMO – C’è tutto un sistema energetico da ripensare. Per un Isola abituata da decenni ad essere cuore e vittima del petrolio, adesso è ora di cambiare. E non si tratta soltanto dei danni ambientali e sanitari, tradotti anche in salatissimi costi economici, ma di una pluralità di fattori. In prima linea ci sono la crisi occupazionale e le richieste dell’Ue in termini di riduzione delle emissioni e della copertura dei consumi di energia da fonte rinnovabile. Di recente è stato approvato il decreto Burden sharing che prevede la ripartizione tra Regioni e Province Autonome dell’obbligo nazionale di sostituzione delle fonti fossili con FER (Fonti energetiche rinnovabili) per raggiungere il 17% al 2020.
L’aria di crisi che si è respirata nei giorni scorsi agli stabilimenti Erg-Lukoil di Priolo ha sancito, probabilmente, l’ingresso nell’ultima era del sistema petrolio in Sicilia. Già nel lontano febbraio del 2010 De Vita, presidente dell’Unione Petrolifera, aveva ammesso il rischio chiusura per 5 raffinerie nazionali, che avrebbe trascinato nel baratro circa 7.500 addetti. Lo scorso novembre Augusto Pascucci, leader della Uilcem (Unione Italiana Lavoratori Chimica Energia Manifatturiero) ha ribadito come senza una riconversione verde nei prossimi anni saranno a rischio tutte le 16 raffinerie d’Italia per circa 40 mila occupati. Insomma la crisi c’è e si vede in tutto il sistema petrolio: produzione e raffinazione. E la Sicilia, vista l’incidenza degli idrocarburi nei conti regionali, potrebbe farne drammaticamente le spese.