Standard & Poor’s ha declassato il rating della Regione siciliana

PALERMO – Ancora brutte notizie per la Sicilia. L’agenzia di rating Standard and Poor’s ha annunciato il taglio a BBB+ del suo rating e di altre quattordici amministrazioni locali italiane, come conseguenza del downgrade allo stesso livello operato sul debito italiano. A far compagnia all’Isola nel declassamento di S&P ci sono il Friuli-Venezia Giulia, la Campania, l’Emilia-Romagna, la Liguria, le Marche e l’Umbria. Declassamento per la provincia di Roma, e i comuni di Firenze, Genova, Milano, Roma, Bologna e Torino. La decisione riflette il metodo generale usato dall’agenzia di non assegnare agli enti locali un rating maggiore di quello dello Stato. Anche le previsioni negative (outlook) rispecchiano quello del rating sovrano. Un rating maggiore può essere assegnato solo nel caso in cui l’ente locale abbia una minore dipendenza dai trasferimenti statali, una economia più vitale o un’alta flessibilità finanziaria.
Già lo scorso 13 gennaio, S&P aveva abbassato il rating sovrano a medio e lungo termine dell’Italia da ‘A/A-1’ a ‘BBB+/A-2’ e rimosso i ratings del CreditWatch con implicazioni negative (rischio downgrade). Brutte notizie pure per la Regione Lazio. “Stiamo confermando la tripla B+ del rating a lungo termine e rivedendo le nostre previsioni su questo rating da positive a negative”, fanno sapere fonti dell’Agenzia. Standard and Poor’s non è la sola agenzia ad aver puntato gli occhi sulla Sicilia. Anche Moody’s il 5 ottobre scorso ha abbassato di due livelli il suo rating ad A3 (da A1), facendo seguito all’abbassamento del rating dell’Italia da Aa2 ad A2, perché- secondo quanto riportava in un nota- “L’indice A3 alla Regione Sicilia riflette la specialità (Regione a Statuto speciale), il continuo supporto dall’Europa e dallo Stato, come il recupero in corso nel settore della sanità. L’analisi tiene conto anche dei crescenti livelli di debito della Sicilia, sebbene ancora moderati, il debole sviluppo socio-economico e la pressione esercitata dalla crescita in corso della spesa, che risulta avere stretti margini operativi”.
Dunque un declassamento di due punti nella scala adottata da Moody’s che usa come voti un sistema di lettere e numeri. Il giudizio più alto è “Aaa”, seguito da “Aa1”, “Aa2” (quello dell’Italia prima dell’abbassamento ad A2), “Aa3” e così via.
Gli Stati sovrani e le entità sotto gli Stati sovrani sono esaminati da S&P, Moody’s e Fitch in base a parametri che vanno dall’affidabilità finanziaria di chi ha emesso i titoli alla qualità dei suoi bilanci, alle previsioni di spese o incassi futuri. Queste agenzie sono società specializzate in questi studi, la cui attività principale è proprio quella di analizzare la solidità finanziaria di questi "soggetti". Si tratta di vere e proprie entità che valutano la qualità creditizia di imprese, stati, governi nazionali e sovranazionali esprimendo il proprio giudizio sotto forma di report e di un sintetico indicatore detto per l’appunto rating.
Quest’ultimo valuta esclusivamente il "rischio di credito" cioè la probabilità che vengano effettuati puntualmente i pagamenti di capitale e interessi previsti all’emissione e si esprime in una scala che va dai valori massimi (attribuiti di solito ai governi dei paesi più solidi ed industrializzati o agli enti sovranazionali come la Bei – Banca europea degli investimenti) a valori minimi (tristemente conosciuti sono i casi di società entrate in amministrazione controllata e di governi, quali l’Argentina, in piena fase di ristrutturazione del debito).