Tutto il mondo contro l’eolico

In Gran Bretagna il governo vorrebbe installare centinaia di turbine, ma ha trovato un’inaspettata resistenza da parte dell’opinione pubblica che si è rivoltata contro l’invasione degli aerogeneratori. Centinaia di comitati cittadini sorti spontaneamente si sono messi di traverso di fronte all’indirizzo governativo.
In Italia, invece, il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, sostiene: “Non violano ma migliorano il paesaggio”. Dimentica che l’articolo 9 della Costituzione “Tutela il paesaggio, il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Per contro, Italia nostra da anni si batte contro l’eolico.
Vi è la possibilità di creare impianti a pale off-shore, cioè a molte miglia dalla costa, nel mare. Questi impianti, ovviamente, sono molto più costosi di quelli terrestri ma inquinerebbero di meno. Sembra strano, comunque, che le Regioni diano il nulla osta alla costruzione di questi bruttissimi impianti nonostante l’eolico non sia competitivo con altre fonti.

Le torri sono alte da 40 ai 60 metri e le pale hanno una lunghezza di circa la metà dell’altezza delle torri. L’energia dipende dalla velocità del vento, che se spira a meno di tre metri al secondo o a più di 25 metri al secondo non consente all’aerogeneratore di produrla.
L’impianto consta generalmente di una trentina di torri, si ammortizza in poco più di sette anni, ha una manutenzione centralizzata di solito controllata da una sola persona, salvo guasti di una certa dimensione, ma produce ricavi per tutto il periodo della concessione, di circa 20 anni. Una vera pacchia.
L’eolico non funziona in modo uniforme perché dipende, come detto, dall’intensità del vento. Per avere una produzione pari a quella di una termocentrale media ci vorrebbero circa 200 pale.
All’estero, molte nazioni hanno abusato di installazioni eoliche. In Germania si producono 16 mila megawatt, in Spagna 8 mila, in Danimarca 3 mila e in Italia mille.

 
Però, il 15 per cento degli impianti è insediato nella nostra Isola. Una terra piena di reperti archeologici, di tradizione e di cultura non doveva averne neanche uno. Bene hanno fatto, il Governo Lombardo e l’ex assessore Pippo Gianni, a bloccare ulteriori concessioni. Anche perché, come è noto, la Sicilia ha una superproduzione di energia, che esporta, e non ha bisogno di nuova energia eolica.
Certo, l’energia prodotta ancora con l’olio combustibile derivato dal petrolio è peggiore di quella eolica. Non si capisce perché in centrali così alimentate non vengano modificate le turbine in modo che utilizzino gas algerino piuttosto che petrolio proveniente dal Triangolo della morte (Priolo, Melilli, Augusta).
L’unica cosa di cui la Sicilia non ha bisogno è proprio l’energia. Tuttavia essa non può essere trasportata normalmente perché la rete di Terna Spa ha delle strozzature che impediscono il suo trasferimento da un posto all’altro e creano problemi anche per il trasferimento dall’Isola alla penisola.

Terna sostiene che non ha potuto fare gli investimenti all’uopo nonostante abbia pronte le risorse finanziare, per mancanza delle autorizzazioni regionali.
Vorremmo che l’assessorato regionale: a) smentisse questa posizione di Terna; b) oppure firmasse tutte le autorizzazioni necessarie in un solo giorno, in modo da consentire l’apertura immediata dei cantieri.
I sindaci siciliani, sulla materia, dovrebbero essere molto vigili e attenti, e protestare, utilizzando ogni mezzo legale, qualora la Regione concedesse altre concessioni per insediare impianti eolici. Ma questo non è all’ordine del giorno e riteniamo che il Governo Lombardo, e per esso l’assessore Marco Venturi, terrà la barra al centro impedendo ancora la violazione del paesaggio siciliano.
La questione delle fonti rinnovabili riguarda anche il fotovoltaico attivo, cioè quello a specchi, che ha una resa superiore al fotovoltaico portato da pannelli inerti. Gli stessi, se diffusi in grande quantità, desertificano il terreno sottostante e violano il paesaggio.
In materia di energia non si può cadere dalla padella nella brace.