CATANIA – In Italia l’incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati sotto i 24 anni è superiore rispetto alla media europea, ed in crescita molto più rapida negli ultimi 10 anni. Solo la Danimarca tra i principali Paesi europei ci batte per primato nei contratti che durano più di 36 mesi. Nei primi sei mesi del 2011, degli oltre 900 mila Under 30 a termine in Italia, circa 144 mila ha un contratto di durata superiore ai 3 anni: con la riforma del mercato del lavoro si troveranno di fronte al bivio della stabilizzazione o della definitiva conclusione del rapporto.
E la Sicilia in quanto a precari batte tutti. Secondo l’annuario statistico della Regione, nel 2010, ultimo anno censito, risultano esserci ben 204.780 occupati dipendenti a tempo determinato, una quota che sfiora il 10 per cento del totale in Italia. Neanche a dirlo ad incidere maggiormente su questo numero così alto di precari è senza ombra di dubbio il numero di lavoratori inseriti all’interno delle pubbliche amministrazioni (31.771).
L’Italia rispetto a tutti i principali Paesi europei partiva nel 2001 da una incidenza di contratti a termine molto più bassa e la situazione era addirittura amplificata per quanto riguardava i giovani.
Dal 2004, dopo l’entrata in vigore della legge Biagi, il trend di crescita dei contratti a termine in Italia è vertiginosa, soprattutto per i giovanissimi, che sfiorano il 50% nel 2011.
Se si guarda ai giovani dai 15 ai 24 anni il peso dei contratti a termine è di oltre 7 punti superiore alla media UE, ma comunque inferiore ai valori di Germania e Francia, che superano abbondantemente il 55%.
Una anomalia italiana piuttosto consistente si registra poi nella durata dei contratti a termine, ed in particolare di quelli che superano i 36 mesi: nel 2010 il confronto europeo mostrava come in Italia il 21% dei giovani fino a 24 anni aveva un contratto a termine “lungo”, un dato inferiore solo a quello della Danimarca.
Sono oltre 144 mila i giovani con meno di trent’anni che nel primo semestre 2011 avevano un contratto a termine di durata superiore ai 36 mesi, quasi 2 su 10. L’intento della riforma, che punta alla trasformazione di questi rapporti in contratti a tempo indeterminato, è sicuramente positivo, ma allo stato attuale è difficile dire, una volta applicata alla riforma, se ciò avverrà o se questi giovani si troveranno applicato un contratto a termine in un’altra azienda o, peggio ancora, andranno ad allungare la fila dei disoccupati.