PALERMO – I laureati ci sono, il lavoro pure, ma le aziende non sanno come mettersi in contatto con i potenziali candidati. Succede anche questo nel Belpaese.
Certo, il problema principale resta a monte ed è la carenza di nuovi posti che i giovani andrebbero a occupare. Ma non mancano i problemi in altri punti della catena, come quelli legati alle difficoltà di collegare domanda e offerta. Un autentico paradosso, che rischia di mietere vittime proprio tra chi è ancora fuori dal mercato del lavoro.
L’allarme arriva dall’Adapt, un’associazione senza scopo di lucro nata per promuovere studi e ricerche sul mondo professionale. Il 65% delle università contattate tramite Bachelor (una società che seleziona neolaureati) non consente l’accesso diretto e gratuito online ai curricula di studenti o laureati. Di questo 65%, il 12% non garantisce trasparenza sul percorso formativo dei suoi iscritti e la circolazione delle relative informazioni, mentre il 53% lo fa a pagamento, cioè costringendo le imprese interessate a ricorrere ai sistemi informatici esterni ai quali loro stesse sono consorziate.
Un esempio su tutti è AlmaLaurea, che ha una banca dati di 1.600.000 curricula. Di questi, 51.931 sono di laureati dell’Ateneo di Messina e 77.849 di laureati dell’Ateneo di Catania. I cv ceduti alle imprese (4.000 solo in Italia) e agli studi professionali negli ultimi dieci anni sono stati 3.500.000. Il gruppo copre infatti ben il 78% dei laureati italiani, per un totale di 64 sedi.
Quelli che per AlmaLaurea sono risultati a dir poco soddisfacenti rappresentano invece una sconfitta per i giovani italiani. Almeno a partire dal 15 luglio 2011, quando la legge n. 111 ha imposto a scuole e università di pubblicare sui loro siti web le carriere di studenti, diplomati e laureati. L’obiettivo è chiaro: agevolare il più possibile le aziende nella ricerca del personale. Dove non arriva il buon senso, arrivano le norme.
Tra l’altro, nonostante le università che adempiono agli obblighi di legge siano il 35%, solo 10 su 100 gestiscono direttamente la pubblicazione dei curricula. Significa che negli altri casi, tornando all’esempio di AlmaLaurea, l’esame dei cv avviene tramite AlmaScelta, che li mette a disposizione in blocchi da 100, esauriti i quali bisogna rinnovare la richiesta di accesso. La consultazione rimane gratuita, certo, ma la procedura un po’ si complica. In pratica, si tratta di una strategia che alcune università socie di AlmaLaurea usano per adeguarsi alla nuova normativa.
E gli Atenei siciliani, come si comportano? Il più virtuoso è quello messinese, che si serve del sistema AlmaScelta. A Catania invece ci si affida ad AlmaLaurea, così come a Enna, che è entrata nel consorzio quest’anno.
La maglia nera va a Palermo, che rientra in quel 12% di università che non permette a chi è in cerca di dipendenti di prendere visione delle carriere in modo diretto, neanche a pagamento come fanno Catania ed Enna. L’università del capoluogo, però, fornisce su richiesta liste di dati anagrafici e accademici o veri e propri cv dei suoi studenti per mezzo della piattaforma Vulcano, scelta anche a Brescia, Milano Bicocca e Pavia.
L’approfondimento. Solo 27 gli Atenei in linea con la nuova normativa
Dà poco lavoro e poca visibilità ai titoli dei suoi giovani. Per molti aspetti la Sicilia è per loro la peggiore delle matrigne. Dovrebbe almeno puntare sulla valorizzazione delle sue risorse umane, non potendo offrire molte opportunità professionali. Infatti, il divario in termini occupazionali tra laureati residenti al Sud e residenti al Nord, indipendentemente dal luogo di studio, seppur rimasto immutato negli ultimi dieci anni, supera il 20% a un anno dalla laurea e il 10% nel medio periodo. Neanche a dirlo, hanno da insegnarci qualcosa gli Atenei del Settentrione, mentre al Sud solo in 10 rispettano le nuove disposizioni. Le restanti 17 università che pubblicano i cv degli iscritti direttamente sui loro siti Internet sono concentrate proprio da Roma in su. Si contendono il primo posto Lazio e Lombardia, rispettivamente con 7 e 4 sedi. Sono comunque numeri che deludono. Eppure, come ci ricorda l’Adapt, “l’occupazione giovanile non è solo legata alla flessibilità in entrata e alla riforma dell’articolo 18, ma dipende anche dalla capacità di applicare le buone leggi che già esistono e sono tuttavia disattese”. Leggi come quella che impone la pubblicazione gratuita e diretta dei curricula, appunto.